1° Caso – II parte

Il Killer dei 2000

Per Imper tutto successe molto in fretta, non si ricordava come fosse arrivato a casa, aveva ancora negli occhi il ricordo della canna della pistola, e una voce in sottofondo che annunciava la morte di una quarta ragazza. 

«Quarta ragazza… quindi quella che avevo conosciuto era la terza? In che razza di mondo viviamo?» Mormorò a bassa voce, non si aspettava di ricevere risposta.

«In un mondo che ha bisogno di più agenti!» Esclamò l’agente, spaventando il pover’uomo, ancora scosso.

Erano di fronte alla porta d’ingresso di casa del barman.

«Bene, io devo andare, buona fortuna… Imperatore.» Ridacchiò l’agente Smith, e se ne andò via, lasciando solo Imper.

Quest’ultimo, ignorando volutamente l’ultima parola dell’agente, entrò in casa e si svuotò le tasche, per potersi spogliare.

Nella tasca vi trovò un biglietto da visita, era quello della poliziotta.

«Dottoressa Caruso Sara, mh… Spero di non rivederla mai più. Per quanto potesse essere bona, è troppo spaventosa per i miei gusti!» Ripensò alla nottata appena passata, e dopo aver indossato una tuta comoda si buttò sul letto, decidendo che la sera seguente non avrebbe aperto il locale, e si addormentò, distrutto.

Quando venne la mattina, il cellulare di Imper suonò ininterrottamente, svegliandolo, l’uomo mosse una mano alla ricerca dell’oggetto che, a forza di vibrare, era caduto per terra. Lo trovò finalmente e rispose alla chiamata: «M…h… pr…on…to?» Mormorò mezzo assonnato, ma sbalzò in aria, mettendosi seduto, quando una voce irritata gli trapanò i timpani.

«Imper Augusti! Stavi dormendo ancora? Devi andare ad aprire il locale, ora! Un mio amico, uno di quelli ricchi che chiamo “spendipiccioli”, ha prenotato per tutto il giorno e tutta la notte e vuole il miglior barman. Muoviti!»

«Mh… cosa? Chi? Spendi…che? Di cosa stai parlando? Oggi è il mio giorno di riposo, capo…» Cercò di far cambiare idea al suo amico, nonchè proprietario del locale, ma non ci fu verso, aveva già deciso, e a quanto pareva aveva pure ricevuto un anticipo, molto sostanzioso per giunta.

«Ok, ok, ora mi sbrigo, il tempo di bere tre litri di caffè e vado. Il tipo verrà alle 14, no? Ho ancora tempo…» Per dormire, pensò Imper, ma non appena vide l’ora sulla sveglia, si alzò in piedi, ormai del tutto sveglio: erano già le 12:30.

Si preparò quasi alla velocità della luce, i capelli ancora bagnati e gocciolanti, si lavò i denti e uscì di casa, senza poter prendere nemmeno mezzo centilitro di caffè, ma si bloccò all’ingresso, notando una tipa appoggiata su una macchina nera. Era la poliziotta di prima.

«Dottò Caruso? Non mi dire… l-lei è qui per arrestarmi di nuovo!?» Balbettò Imper, spaventato dall’idea che lei potesse tirare di nuovo fuori la pistola, magari questa volta per ucciderlo sul serio.

«Devo farvi altre domande. Salga.»

«Ma io dovrei andare ad aprire il locale…» Cercò di rifiutare, ma la poliziotta non accettò repliche, facendogli cenno di salire immediatamente in macchina, mise in moto senza dire nulla. Imper si rese conto che non stavano andando verso la questura, guardò interrogativo e spaventato la donna.

«Dove…?»

«Locale.» Rispose tagliando corto. «Sono venuta a comunicarti che, secondo il questore, collaborerai in veste da “Esperto di liquori”.» Aggiunse la donna, gli occhi fissi sulla strada, aveva detto quella frase come se stesse inghiottendo dei chiodi, con il disappunto dipinto sulla faccia. Ma non poteva disobbedire a un ordine diretto dal suo capo.

«Questore?! Esperto di liquori? Ma cosa c’entro io? Sono solo un barman…» Chiese sorpreso il barman, ma non ottenne alcuna risposta.

Arrivarono davanti al locale, la dottoressa Caruso posteggiò e scese dalla macchina, insieme al barman, quest’ultimo, ancora sotto shock per la notizia, andò ad aprire il locale.

«Augusti, da oggi collaborerai con la Squadra Mobile, sei obbligato ad accettare, o ti porterò in carcere per intralcio alla giustizia.»

Il barman si bloccò, lasciando a metà la saracinesca, balbettando: «C-chi? C-c-cosa? Io? Mai! Mai e poi mai! Parliamone, dottò Caruso, a me piacciono i gialli, ma solo in tv! Ho già vomitato abbastanza stanotte dopo aver visto… quella cosa là! Non farmici pensare, mi sento male al solo pensiero! Che idea malsana farmi collaborare… non se ne parla proprio. Rifiuto categoricamente!»

La donna non demorse, rimanendo a guardarlo con sguardo accigliato, entrambi ancora fuori dal locale.

«No significa no!» Chiuse il discorso l’uomo ed entrò nel locale. «Ma poi che c’entro io? Come ho detto prima, sono solo un semplice barman!»

«È stata una decisione ufficiale del questore, dice che ci servirà per questo caso qualcuno che conosca bene i liquori, oltre al fatto che sei anche un “testimone” fondamentale.»

Imper la guardò sorpreso: «Quindi non sono più un sospettato ma un testimone? Che bello, ora posso stare tranquillo e fare sogni sereni, senza più temere di finire in prigione!» Disse allegro.

Sara lo guardò confusa: «Fino a poco fa diceva di volerci andare piuttosto che collaborare.»

«Sono cose che si dicono… e comunque non collaborerò, ho già preso la mia decisione.»

«Non è una decisione che può prendere da solo. Ritornerò stasera.» Promise la poliziotta e se ne andò via, lasciandolo solo. Non voleva nemmeno insistere, ma, stranamente a dirsi, il questore l’aveva avvertita che l’uomo non sarebbe stato facile da convincere, e l’aveva messa in guardia sul fatto che se non l’avrebbe portato come collaboratore, le avrebbe ridotto lo stipendio. 

Inoltre la poliziotta aveva fatto una promessa con se stessa, cioè che avrebbe fatto di tutto pur di arrestare l’assassino, che non si sarebbe mai arresa.

Intanto, con l’arrivo del pomeriggio, come preannunciato dal capo di Imper, arrivò anche l’amico “ricco”, insieme a una cinquantina di invitati, facendo impallidire il povero barman, che sognava di riposarsi quel giorno.

«Salve, vorrei un Campari!»

«Due, per favore.»

Sorrise una nuova arrivata a colui che stava ordinando, si guardarono ammiccanti, Imper sbuffò e preparò i due Campari ordinati, ormai era stufo di servire cinquanta persone in contemporanea, stavolta da solo, dato che quell’amico ricco aveva chiesto espressamente che ci fosse solo lui a servire, per cui il capo non aveva chiamato anche Max.

Prese i calici e li passo ai due che non lo degnarono di nemmeno di uno sguardo, figurati di un grazie.

«Augusti! Grazie per aver aperto per noi il locale!» disse allegramente il ricco, mettendogli davanti agli occhi una mazzetta di soldi.

«Per i liquori, e per il tuo servizio!»

«No, aspetta signor Hia… non funziona così, non vorrei avere guai con la finanza.»

«Vuoi avere guai con me, per caso? Non credo tu voglia causarne al tuo capo.» Gli disse con un tono minaccioso molto velato. Imper dovette accettare quei soldi, anche se aveva l’impressione che fossero “soldi sporchi”.

«Bravo Augusti, ora prepara altri cocktail per i miei ospiti, non deludermi.» E se ne andò lasciandolo solo al bancone, insieme a un’altra ragazza appena arrivata, molto giovane ed elegante.

Quest’ultima si avvicinò, sorridendogli, ma aveva negli occhi uno sguardo triste e malinconico.

«Salve, bella signorina, non mi sembra molto in vena di partecipare a questa “festa”. Vuole qualcosa di buono che possa rallegrarla?»

«Grazie signor barman… non conosco queste bevande, mi affido a voi nella scelta…» Aveva una voce molto sottile e triste.

Il barman provò pietà nei suoi confronti e decise di preparare il suo liquore preferito, il mirto Zedda Piras, e gliela servì in un calice basso.

«È uno dei miei preferiti, spero possa piacerle.» gli sorrise l’uomo, la ragazza accennò un piccolo sorriso e accettò, assaggiando il mirto passandone un po’ sulle proprie labbra e leccandole.

«Sembra molto buono, credo che diventerà anche il mio preferito, siete un barman molto gentile, grazie, davvero.»

Restarono a chiacchierare del più e del meno, interrompendosi solo per quei brevi momenti in cui il barman doveva servire gli altri ospiti, ormai quasi tutti erano parecchio ubriachi.

Uno si avvicinò troppo alla ragazza, che aveva compiuto da poche settimane 18 anni, e cercò di molestarla, ma il barman, seccato, prese per il polso il molestatore e lo allontanò: «Se non vuoi che ti butti fuori e ti denunci, vattene via sui tuoi piedi.» Sibilò e lo lasciò libero.

«Signore, vi ringrazio, mi avete difesa, grazie mille.» Sorrise dolcemente la ragazza e si alzò: «Meglio che adesso vada a casa, arrivederci, spero di rivederla in futuro, signore. Arrivederci.» E se ne andò via sui suoi bassi tacchi e il vestito blu molto semplice.

Il barman la seguì con lo sguardo, ancora preoccupato per quella signorina, dato che gli sembrava troppo debole e malinconica, ma non ebbe tempo di pensarci troppo, dato che subito dopo arrivò il signor Hia, incazzato nero per il fatto che un suo ospite era stato obbligato ad andarsene, e quindi Imper dovette sorbirsi mezz’ora di sfuriate e minacce, ma sicuramente lui avrebbe rifatto la scelta, per lui molestare era qualcosa di davvero imperdonabile, era un reato sia morale che fisico.

A fine nottata finalmente tutti se ne andarono, lasciandolo solo.

Imper mentre stava pulendo tutto il casino che i tizi avevano causato stava ripensando alla serata e al signor Hia: «Per tutti i gialli di Montalbano! Mai più una serata del genere! Riccastro viziato dei miei stivali! Fanculo! La prossima volta ti farò assaggiare le mie scarpe! Anzi, non ci sarà una prossima vo…»

Qualcuno bussò alla porta di vetro, interrompendolo nella sfilza di bestemmie: «È stramaledettamente chiuso! Non lavoro più! Non me ne fotte nulla se sei ricco o meno!» E si girò per vedere chi aveva bussato ma si ammutolì, rendendosi conto che era la poliziotta.

«Ah… oh, ehm, ciao dottò! Come va? Quello che avevo detto prima… non era riferito a te, ovviamente! Era per un tipaccio di prima… Non sei incavolata, vero?»

«Mi dia del lei, e si lamenti di meno. C’è stato un altro omicidio.» Lo interruppe Sara, mostrandogli un’altra foto, dov’era raffigurato un corpo nudo e totalmente smembrato anch’esso, accanto c’era un vestito blu e delle scarpe col tacco basso.

«Oddio…» Mormorò il barman e andò a vomitare nel lavello del bancone: «La prossima volta avvertimi… ti prego, cioè, la prego. Mi sento male.» Gemette l’uomo mentre si aggrappava al lavello.

«La conosce?» chiese con il solito tono, mentre lo fulminava con lo sguardo.

«Come potrei capire solo guardando qualcosa… di irriconoscibile!?» Sussurrò senza forze, era ancora sotto shock per via dell’immagine, ma lei non gli permise di perdere altro tempo che lo prese per la spalla, obbligandolo ad uscire dal locale.

Arrivarono immediatamente sulla scena del delitto, anche stavolta era a soli 100 metri di distanza.

«Guarda bene.»

Imper impallidì di fronte alla scena che gli si era presentata: sull’asfalto c’era del sangue rappreso e anche dei brandelli di carne, poco più avanti c’era una gamba tutta sporca di sangue, e accanto un braccio senza mano, coperto a metà da un vestito blu, anch’esso macchiato di rosso. Imper non riuscì ad andare oltre e guardare dove si trovasse il resto del corpo, andò a vomitare ancora una volta, vicino al cassonetto. 

«È…d-disgustoso.» mormorò sfibrato l’uomo, dando le spalle alla scena del delitto. Gli agenti stavano lavorando insieme alla scientifica, raccogliendo e fotografando. 

La dottoressa invece era rimasta accanto a Imper: «Disgustoso, sì, lo è. L’assassino la deve pagare.»

«I-il vestito blu… era di una ragazza, che era venuta oggi in locale. Credo che sia lei…» Mormorò l’uomo mentre alzò lo sguardo sulla donna, triste.

«Lo immaginavo. Dei testimoni l’avevano vista uscire dal suo locale.»

«Dottò Sara, sono innocente, credimi, cioè, la prego, mi creda, ho lavorato tutto il tempo. Come potrei mai… fare qualcosa del genere?»

La poliziotta lo osservò e fece un verso stizzito: «Ero io la testimone. Sono stata in appostamento davanti al suo locale per tutta la serata. Non era uscito neanche una volta. Cosa sa di lei?»

Sospirò sollevato il barman, anche se era ancora provato dopo aver visto la scena e vomitato più volte: «Meno male, mi credi! Grazie dottò! Ti dirò quello che so, si chiama… si chiamava Jenna, se non ricordo male era nata nel 2004. Era triste, malinconica, sembrava fosse stata portata in locale con la forza, contro la sua volontà. Ad un certo punto uno stava per molestarla, ma lo buttai fuori dal locale… e lei subito dopo se n’era andata via.» Spiegò a fatica il barman, si era reso conto che la donna stava annotando tutto su un piccolo taccuino, e per tal motivo cercò di dare più dettagli possibili.

«Hai anche scritto, in quel taccuino… che sono innocente, vero?»

«Non dica cose inutili e continui a raccontare i fatti.»

«Uh oh ok, scusa dottò…»

«Dottoressa! Non dottò!» Sbraitò la poliziotta, irritata.

«Scusa dottò! Ehm… volevo dire dottoressa.»

Un poliziotto li interruppe, sussurrando qualcosa a Sara, che si accigliò ancora più di prima, fece un cenno, poi guardò il barman: «Non andare da nessuna parte e non toccare niente.»

«Non sono un bambino…» borbottò il barman, mentre si guardava attorno, la poliziotta aveva seguito il collega e stavano commentando su qualcosa che era per terra vicino al cadavere della povera ragazza.

Casi per caso

Casi per caso

Stato: In corso Tipo: Autore: Rilascio: 2023
Un semplice barman rimane invischiato in un caso di omicidio, venendo accusato anche se innocente. Aveva cercato di sfuggire al proprio destino, ma come si sa, nessuno può evitarlo. Casi intriganti e sanguinose bussano alla porta del suo locale "King Yellow", obbligandolo a collaborare con la Squadra Mobili, nonostante gli sforzi di Imper, il barman, di evitarli. Sara Caruso, una poliziotta che cerca a tutti i costi la verità celata dietro alle indagini, non accetta la presenza di Imper, giudicandolo incapace e incompetente. I casi verranno risolti, o resteranno per sempre senza un colpevole?
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