La testa mi scoppia, le orecchie fischiano… Intravedo una luce sfocata che mi brucia le retine mentre il rumore ovattato di grida mi rimbomba nel cervello come se qualcosa stesse tentando di mordermi le tempie.
Fa male…! Fa un fottuto male ovunque.
Non riesco a muovere un muscolo, mi sento soffocare.
Annaspo, cerco un respiro che non riesco a trovare, i polmoni mi si incendiano. È questo che si prova quando si è in punto di morte? Sparatemi cazzo! Se questo deve essere il premio per avere passato gli ultimi sei mesi bloccato in un letto di rianimazione allora fatemi crepare subito! Vi prego, vi scongiuro.
Man mano che passano questi attimi infiniti la luce inizia a prendere forma, il frastuono che ho in testa lentamente si attenua. Sento freddo, sono un lago di sudore ma il respiro si fa sempre più regolare. Inizio a sentire gli arti, il dolore muscolare lascia spazio ad uno strano torpore come se dopo mesi avesse iniziato a scorrermi il sangue nelle vene. Ci siamo, il peggio deve essere passato. Probabilmente con l’ennesimo siringone di adrenalina e qualche colpo di defibrillatore i medici mi hanno portato nuovamente in condizioni “stabili”. Stabili… Non so se ridere o mettermi a piangere.
Stabili.
Come se l’aver guadagnato qualche ora o qualche giorno facesse la differenza. Ormai il mio destino è crepare qui, attaccato ad una macchina, disperatamente confortato dal dolore dei miei famigliari…
Queste sono le mie condizioni “stabili”.
Mi sforzo di mettere a fuoco, intravedo il cielo, le nuvole ed il sole che fa capolino attraverso le alte mura che delimitano lo stretto vicolo… Aspetta! Frena un attimo! Cielo?! Nuvole?! Ma dove diavolo sono??? Sto sognando? Mi hanno sedato e ho le allucinazioni? Sono morto?
Nella più profonda e buia confusione mi spingo all’indietro, arranco impaurito fino ad appoggiare la schiena sul muro alle mie spalle così da ritrovarmi seduto. Il respiro è ancora affannato ma non mi provoca più dolore, sento il sudore scorrermi dalla testa lungo la schiena, la sensazione di fresco che ne deriva è piacevole. Le mie mani toccano la polvere, l’odore di terra si mischia ad uno strano olezzo che pervade un’aria estremamente pesante ed umida. Guardo sbigottito a destra e sinistra come a cercare qualcosa che possa tranquillizzarmi ma l’unica cosa che ho davanti a me sono due enormi contenitori che assomigliano a dei grandissimi cassonetti. Ecco spiegato almeno l’olezzo. Il vociare che sentivo ora si fa più chiaro, distinguo nettamente le grida di una bambina e quelle di almeno tre uomini che se la ridono a gran voce…
Ancora frastornato cerco di alzarmi. Dopo qualche attimo di titubanza prendo coraggio e, restando nascosto, sporgo la testa da quegli enormi contenitori maleodoranti. La puzza si fa pesante, un odore acre mi riempie le narici, trattengo a stento i conati. Fiducioso in una strana sensazione di benessere fisico generale cerco con lo sguardo la fonte di quel trambusto.
Sono ancora un po’intontito ma da quanto non mi sentivo così? Sei, sette… Otto mesi? Dal momento in cui misi piede in ospedale fra chemio e trattamenti palliativi non penso di aver più provato un vigore tale. E ripensandoci bene, neppure prima di allora.
Da molto tempo il mio più grande traguardo era non farmela addosso da disteso a letto, ora mi sembra di avere una tigre che scalpita impazzita al posto del cuore.
Poco distante da me i tre uomini sono intenti in un giochino che a quanto pare li sta intrattenendo parecchio.
«Hei Al, che dici? Ti serve un borsello nuovo? Ti ci vedrei bene con uno di quei cosi pelosi che vanno di moda adesso!!! Ahahaha…»
«Harry, non rompere il cazzo e tieni ferma questa gatta di merda! Il pervertito ha già la schiuma alla bocca. È arrivato al limite! Se non lo infila subito stanotte te lo ritrovi tu in stanza… Ahaha, magari ti piace pure!»
Il più basso dei tre ha effettivamente un’aria alquanto inquietante.
Intento a fissare la ragazzina schiacciata ed immobilizzata dal piede del suo enorme compare e con gli occhi di un cane affetto dalla rabbia, è talmente infervorato che non riesce neppure a slacciarsi i pantaloni.
«Fai presto coglione! Harry alza il culo di questa disgraziata e fallo sfogare che per l’incarico di domani ci serve bello concentrato. Facciamola finita e poi sbarazziamoci di questa cretina.»
In quel momento ebbi un sussulto. Ma sta succedendo veramente? Non riesco ancora bene a comprendere cosa mi stia realmente accadendo e già mi trovo in una situazione del genere? No no, piano. Oltre a non essere un attaccabrighe di mio sono davanti a tre tizi che sembrano usciti da un summit di wrestler ex detenuti. E io che dovrei fare? Cercare di aiutare la ragazzina già sapendo che finirei per fare la sua stessa fine? Che situazione di merda… Il senso di impotenza che mi pervade è devastante. Digrigno i denti in un’espressione indicibile. Stringo i pugni quasi a farmi male. L’agitazione mi fa scendere le lacrime dagli occhi e con l’intento di distogliere lo sguardo abbasso la testa in avanti. «Ahgggg! Ma queste sono tette!» non sono riuscito a trattenermi…
Lo stupore di vedermi attaccati al petto due enormi meloni è uno shock troppo grande. Mi piego immediatamente in avanti cercando conferme nelle parti basse. Come c’è qualcosa in più sopra, inesorabilmente manca qualcosa di sotto.
Ovviamente, in quell’istante, il simpatico trio si è accorto di me.
«Harry ma che è?! Oggi sembra proprio il nostro giorno fortunato! Tengo io il gatto, tu vai a prendere l’Elfa che è già bella nuda e pronta… Oggi ci divertiamo anche noi!»
Il tizio più grosso lascia la presa sulla ragazzina e la passa come fosse un sacco di patate al compagno. Inutili i tentavi di fuggire. Nonostante stia lottando con tutte le sue forze la ragazzina non ha modo di sfuggire alla salda presa di quegli enormi muscoli. Il divario è troppo evidente.
Elfa, così mi ha chiamato. Quindi sono un’Elfa adesso?! Nuda, con due bombe giganti, che sta assistendo ad un probabile stupro di una ragazzina e che senza dubbio farà la stessa fine.
Rischio di farmela addosso… Poco male, ormai ci sono abituato.
Ad ogni passo che il bastardo fa per avvicinarsi, il panico in me cresce. Sono immobile, la paura non mi fa muovere un muscolo. Bloccato dal mio stesso senso di impotenza. Il terrore si è impossessato talmente tanto di me che mi rende impossibile qualsiasi tentativo di fuga.
Immobile, patetico…
Era la volta buona che potevo affondare le mani nelle morbide e maestose tette di una vera Elfa ed invece il primo divertimento andrà a questi schifosi? Ma dai… Che merda… Anche no!
Il panico ed il terrore iniziano gradualmente a lasciare il posto ad una profonda rabbia. La tigre che prima sentivo dentro di me si sta incazzando non poco, quasi stesse iniziando a divorarmi da dentro. Ruggisce, si dimena e sferra fendenti con gli artigli come a cercare di farsi strada per uscire squarciandomi il petto.
Un istinto primitivo sta scacciando ogni mio dubbio e ogni mia paura.
Le lacrime lasciano spazio al lucido del cristallino.
Una strana luce inizia a scintillarmi negli occhi.
Lo sguardo fisso, focalizzato su quel gigante che fino ad un momento prima mi terrorizzava. Ma la sensazione inizia a trasformarsi in qualcosa di totalmente diverso. In questo istante vedo solo un piccolo animale, un coniglio, un uccellino.
La mia preda.
Il viso mi si rilassa, un brivido di piacere mi scende lungo la schiena e una smorfia che assomigliava al più sadico dei ghigni mi si stampa come una maschera sul viso.
Un respiro profondo e la molla scatta.
Un automatismo. Una recondita, antica e ben strutturata sorta di memoria procedurale si impadronisce di me. La freccia è stata scoccata, impossibile trattenerla.
Con uno scatto innaturale e fulmineo piombo innanzi al tizio che mi stava venendo incontro. Gli sferro un violentissimo montante, diritto nel petto. A occhio e croce ho la sensazione di avergli istantaneamente mandato in frantumi lo sterno e qualche costola. La difficoltà è stata quella con cui mia figlia sbriciolava i biscotti per mischiarli al latte.
Il tizio si accascia sulle ginocchia e resta immobile a bocca aperta, incredulo, alla ricerca di un respiro che purtroppo non trova. Sta letteralmente soffocando. Ruoto su me stesso/a e gli assesto una gomitata dritta in faccia, la sua mandibola saluta l’orecchio del lato opposto. Se fosse stato investito da un treno se la sarebbe cavata decisamente meglio.
Gli afferro la testa per i capelli, con la calma di chi sta andando a passeggio per le vie del centro sfilo l’enorme coltello che tiene nel fodero agganciato alla cinta. Lama parallela al terreno, filo verso il basso. Un movimento preciso a lato, un quarto di giro in avanti, un leggero movimento obliquo a tornare.
Freddo. Preciso. Inesorabile.
La trachea è solo un ricordo.
Un gemito, una specie di gorgoglio e cade in avanti annegando, soffocato dal suo stesso sangue.
Pena? Senso di colpa? Rammarico per una vita spezzata? Nulla. Niente. Lo zero più assoluto. Ho appena sgozzato un estraneo con la facilità e la pressione psicologica con cui ero solito accendermi una sigaretta.
«Harry!!! Harry!!!… Ma che cazzo sta succedendo?! Fottuta troia ti ammazzo male!!!»
Mentre il più piccolo dell’allegro trio é ancora assorto nel tentativo di slacciarsi i pantaloni, l’altro molla la presa sulla ragazzina che cade a terra con un tonfo sordo. Fissandomi con gli occhi pregni di odio e disprezzo sguaina l’enorme spadone che tiene sulla schiena ma prima di riuscire ad impugnarlo gli sono ad un centimetro dal naso. Inizia a tremare, un rigolo di sangue gli esce dalla bocca e gli solca il viso. L’ odio nei suoi occhi si tramuta velocemente ed inesorabilmente in disperazione, l’enorme spadone cade a terra. Il mio sguardo lo segue e provo quasi pena per quell’oggetto, impotente al fatto che non ha potuto assolvere al suo compito. Provo una sorta di empatia per quella spada. Vista la situazione consideriamolo un passo avanti.
Alzo il braccio lentamente, sento chiaramente il ventre di quell’uomo squarciarsi allo scorrere della lama, le viscere calde che mi scendono lungo una gamba danno una strana sensazione. Sto bene. Il tepore che provo quasi mi rasserena come un bel bagno caldo alle terme…
Esanime cade all’indietro con gli occhi sbarrati ed il terrore scolpito nella sua ultima espressione. Mi giro, guardo negli occhi l’ultimo rimasto che attonito é ora immobile, conscio che il liberare l’arnese decisamente non è più una priorità. Abbozzo quasi un sorriso materno. La velocità con cui gli conficco il coltello nella tempia non gli dà neppure il tempo di muoversi. Si accascia lentamente al suolo, quasi si stesse sciogliendo come la cera.
Poi il silenzio.
Un assordante silenzio ora avvolge tutto.
Ricoperta e grondante del loro sangue ho appena macellato con assoluta padronanza e consapevolezza tre persone. Non so che fare se non sentirmi bene. Tremendamente bene. L’espressione della faccia mi torna gradualmente umana. La tigre è soddisfatta, ha cacciato e si è cibata a volontà, ora può tornare a dormire. Le gambe cedono e mi inginocchio a terra ridendo, poi inizio a piangere, vomito… Sono femmina da qualche minuto e già mi sembra di avere i postumi di una sbronza che mi ha pigliato male.
Non vorrei esserlo ma sono felice. Il sangue sulla pelle, l’odore del terrore, gli sguardi disperati, tette enormi… Non mi sono mai sentito meglio.