??? – Anno 0 – ??? – ??? – ??? POV
Questo mondo venne creato dalla dea Light: una bellissima entità con lunghissimi capelli di colore dorato e un vestito completamente bianco senza nient’altro sopra, aveva anche uno sguardo angelico e occhi di colore verde; sola ed unicamente in questo modo, o almeno così narrava la leggenda. Con il suo potere della creazione poté creare interi mondi per formarne un universo: questo fenomeno accadde nell’anno 0, ovvero il periodo dove un qualcosa iniziò ad esistere, formandosi in questo modo il mondo di “Valtra”. Il suo obbiettivo era di creare per l’appunto un’esistenza: fra quelli c’erano gli umani, animali, mostri e tante altre specie; sperava che potessero vivere tutti in armonia ma non fu così. Dopo un paio di centinaia di anni, quando la gente iniziava a capire come sopravvivere ci furono inaspettatamente i primi conflitti, soprattutto quando si sentiva parecchia aria negativa intorno causata da un essere in particolare: il mondo era ancora un posto inesplorato, con abitanti, che avevano diversi modi di pensare, che facevano nuove scoperte improvvise; non essendo sulla stessa lunghezza d’onda si crearono dei fronti, delle parti dove ognuno la pensava a modo suo non riuscendo a rimanere uniti. Dunque iniziò un periodo di guerra dove non ci furono né sconfitti né vinti; dopo una lunga battaglia e dopo un aiuto inaspettato ricevuto da un essere superiore, iniziavano a capire e a rispettare il modo di pensare altrui: realizzando che era inutile creare scompiglio per ogni stupidaggine e con il passare degli anni; invece di combattere con le armi di legno, iniziarono ad evolversi utilizzando le spade di metallo o altri materiali più tosti e duraturi.
Circa nell’anno 300 gli umani fecero una scoperta; arrivarono vicino ad una montagna enorme che sovrastava quasi il cielo: era alta vari chilometri e sembrava si estendesse per tutto il mondo, essendo sicuramente più grande di tutta Allibis stessa. Gli umani decisero di entrare e videro vari mostri: si spaventarono e decisero di ingaggiare una battaglia contro di loro, perdendo alcuni dei loro compagni; ad un certo punto provarono a tornare indietro ma senza accorgersene scapparono dal lato opposto, arrivando in un luogo piuttosto occulto. In questa zona misteriosa il cielo era violaceo e il sole non arrivava mai: la maggior parte di essa era tutta rocciosa e la natura non esisteva in nessun angolo di questo luogo oscuro; gli alberi o tanti altri esseri viventi erano secchi e senza vita. Le persone incuriosite esplorarono questo posto oscuro e si incrociarono con dei mostri ancora più terribili: alcuni erano molto alti e altri erano assetati di sangue con uno sguardo che ti faceva pietrificare l’anima; il combattimento iniziò subito senza avere il tempo di parlare e si salvò solamente una persona in quella misera tragedia. Riuscì a scappare in tempo dall’assalto e informò tutti quanti di quello che aveva visto: per questo motivo dopo una lunga discussione, la montagna infinita venne rinominata Dungeon e quel mondo sconosciuto e spaventoso l’impero delle ombre, riuscendo anche a capire la differenza tra le due specie; i mostri del dungeon non ti attaccavano se non avevi ostilità nei loro confronti, l’impero delle ombre invece ti aggrediva senza pietà uccidendoti anche immediatamente. Dopo un po’ iniziò a svilupparsi una vita normale dove cercarono di stare alla larga da quell’impero, ma era nato un umano che si ribellò alla sua stessa razza, decidendo di voler governare un regno di mostri.
Bosco nord di Orusha – Anno 391 – 20 Maggio – Ore 12:15 – ??? POV
“Ormai l’avevo detto…io non sono più Hasura Avish…adesso sono Avish…l’assassino.” Contemplai con uno sguardo pieno di rabbia ed odio, usando un tono alquanto cupo e terrorizzante. Ero un ragazzo di 18 anni alto circa 1,75 m e molto snello: indossavo una semplice maglietta nera a maniche corte con pantaloni del medesimo colore, avevo dei capelli bianchi abbastanza lunghini che erano leggermente spettinati insieme a degli occhi rossi scarlatti come il sangue; nel mio viso non esisteva la felicità, visto che l’unica persona che me la donava mi era stata tolta tanto tempo prima. Mi trovavo nel bel mezzo del bosco di Orusha: essendo in periodo estivo gli alberi erano pieni di vita e con tante foglie verdi luccicanti, alcune di esse si trovarono sul terreno sterrato a causa della grande quantità che giaceva sopra ogni albero; in più c’era un grande e caldo sole che spaccava le pietre.
In passato ero stato maltrattato da tutti: dalla mia famiglia, dai miei compagni e soprattutto mi venne portata via una persona che per me era fin troppo cara, ovvero l’unica ragazza che riusciva a volermi bene per ciò che fossi. Non riuscivo mai a trovare un posto dove potessi sentirmi a mio agio, essere voluto bene o addirittura avere una vita normale: avevo cominciato a diventare un avventuriero poiché provavo troppo odio verso le persone che in passato mi avevano fatto soffrire; quindi appena divenni abbastanza forte riuscii nel mio intento, uccidendo in un modo molto violento i miei genitori e tutti gli individui putridi che avevano portato via la mia unica luce. Ma nella mia scuola per qualche strano motivo tutti furono così malvagi con me, forse vedevano che ero un debole e capivano che non potevo difendermi: ma dopo che riuscii ad arrivare al livello 5, ottenni la mia vendetta. Ovviamente era vietato nella legge uccidere delle persone se non solamente per legittima difesa, quindi dovevo rifugiarmi nel bosco di Orusha; un luogo dove sarebbe stato alquanto difficile trovarmi per i prossimi anni, ma visto che non mi piaceva vivere nella natura, provai a trovare un modo per tornare dentro il paese senza farmi scoprire dalle autorità; visto che le persone che avevano assistito alla morte dei miei compagni avevano dato le descrizioni del mio viso, corporatura e arma alle guardie della città.
“Devo trovare un modo per avere di nuovo una vita…però non posso di certo tornare indietro…ho ucciso delle persone…e i soldati più forti staranno di guardia avendo capito quanto sono pericoloso.” Rimuginando su me stesso mentre stavo in piedi con tono irritato e volto concentrato, cercai di trovare un modo per poter rientrare dentro Orusha; in questo modo potevo anche cambiare paese per provare a rifarmi una vita in un altro luogo: sicuramente anche in quelle zone avevano avvertito che c’era un assassino in circolazione, ma sarebbe stato molto più difficile riconoscermi. Al comando c’era Tibelius I, questa famiglia veniva incoronata come imperatori dal semplice fatto che avevano un modo di pensare davvero unico e molto più maturo rispetto al normale, quindi si riteneva che fossero tra i più saggi per governare. Il loro metodo per avere anche il loro successore era di far nascere un nipote che potesse ricevere il giusto insegnamento per comandare; se per sfortuna l’imperatore dovesse morire prima del tempo, prenderà il posto suo figlio e appena ci sarà l’occasione, il cosiddetto nipote predestinato. Ormai l’imperatore era molto anziano quindi sicuramente nel giro di poco tempo sarebbe entrato in scena Tibelius II; il figlio dell’imperatore già aveva messo in vita una nuova luce con sua moglie, quindi il tempo era sicuramente contato, anche se dalle voci che venivano sparse in giro: si diceva che la famiglia Tibelius riusciva a vivere leggermente di più rispetto a dei comuni mortali.
“Innanzitutto proverò a ritornare dentro Orusha, sarebbe una pazzia…ma devo provare in qualsiasi modo: non posso continuare a vivere per sempre dentro un bosco. Anche gli altri paesi sono stati informati che in giro si trova un assassino che uccide le persone in modo violento…quindi potrebbe sembrare inutile cambiare paese…ma almeno potrebbero avere più difficoltà nel riconoscermi…” A testa alta e con volto in allerta, provai ad avvicinarmi nell’entrata di Orusha dicendo queste parole con un tono leggermente sconsolato. Avvicinandomi all’obbiettivo: notai due soldati con un’armatura in acciaio grigia con elmetto e stivali del medesimo colore, riuscendo ad essere ben protetti se dovevano subire certi attacchi; erano in postura ben dritta e composta, controllando nel migliore dei modi la zona circostante per rimanere cauti. Nel terreno sterrato che si calpestava per giungere direttamente all’entrata, cercai un modo per non farmi riconoscere: mi ero messo un cappuccio e uno zaino nero alle spalle contenente maggior parte delle mie cose; comprese armi e oggetti.
“Fermati! Chi sei?” Le due guardie usarono un tono molto autoritario quando stavo per sorpassare l’entrata di Orusha; mi fermarono improvvisamente e si avvicinarono per vedere se avevo qualche oggetto o arma pericolosa dentro lo zaino: sicuramente era molto sospetto anche il fatto che indossavo un cappuccio per nascondere il mio volto. Presero la mia borsa e iniziarono a perquisirla, trovando alcuni oggetti e vestiti simili a quelli che indossavo in quel momento; sfortunatamente avevano controllato anche la mia spada: era di un colore completamente nero con una linea rossa al centro che percorreva tutta la lama, il traverso era lungo qualche centimetro sia sulla destra che sinistra orizzontalmente, insieme ad un manico che teneva alcune lineature dorate con un pomolo che sembrava ci fosse incastonata una gemma circolare scarlatta. Visto che le descrizioni dei cittadini coincidevano perfettamente, i soldati avevano capito che ero io l’assassino in questione; quindi afferrarono le loro lance argentate in mano per potermi catturare. La guardia sulla mia destra rimise la spada nello zaino prima di effettuare quell’azione.
“FERMIAMOLO!” I due soldati che si trovavano affiancati l’un l’altro, puntarono le loro lance appuntite verso il sottoscritto. Subito dopo strinsi i miei denti, iniziando ad irritarmi e ad agire.
“Dannazione!” Esclamai, usando un tono parecchio preoccupato ma irritato allo stesso momento: decisi di dare un calcio alla guardia che si trovava sulla mia destra facendolo indietreggiare con successo; subito dopo ripresi la mia spada e feci un salto mortale all’indietro, preparandomi al combattimento.
“Uccidiamolo se necessario!” Il soldato sulla mia sinistra si mise ad urlare ed iniziò a correre insieme al suo compagno: avevano una velocità a dir poco equivalente tra di loro.
“(Ormai non ho possibilità di vivere come prima, sono costretto a rifugiarmi nel dungeon…o a vivere nell’impero delle ombre…ccr…ODIO TUTTI VOI!)” Pensai in modo infastidito, mentre iniziai a schivare i colpi delle due lance spostandomi continuamente a destra e sinistra: provarono a trafiggermi in qualsiasi modo ma non ci stavano riuscendo. Dopo alcuni secondi tirai un calcio all’avversario che avevo sulla mia sinistra, scaraventandolo via di alcuni metri facendolo volare; con il secondo invece decisi di incrociare l’arma varie volte: la mia spada e la sua lancia si scontrarono tra di loro per alcuni secondi, ma dopo un paio di fendenti riuscii a sbilanciare la guardia con successo, obbligandolo ad indietreggiare; ci trovavamo nel bel mezzo del percorso sterrato mentre l’altro soldato provava a raggiungerci in tempo dopo essersi rialzato. Approfittando del momento: caricai un attacco mettendo il mio braccio destro dietro la schiena; dopo circa due secondi andai incontro al soldato che si trovava sulla mia destra, tirandogli un fendente orizzontale che lo divise completamente in due, facendomi comparire immediatamente dietro di lui: quantità elevate di sangue uscirono dal suo corpo, vedendosi a malapena il suo corpo dividersi mentre urlava in modo straziante. Il suo compagno si infuriò e mi venne incontro con molta rabbia: avevo un volto soddisfatto quando ero riuscito ad uccidere uno dei due avversari con successo.
“MALEDETTO! PRENDI QUESTO!” Il soldato infuriato mi venne incontro mentre gli davo le spalle: mi trafisse il braccio sinistro con la sua lancia visto che non riuscii a schivare in tempo, sentendo anche un leggero dolore mentre alcune gocce di sangue fuoriuscivano dal mio arto. Quando il mio braccio venne trafitto decisi di non fare un’esclamazione di dolore, ma bensì mi girai verso di lui con uno sguardo malvagio e da pazzo, iniziando anche a ridere.
“Ahahahah! DEVO DIRE CHE E’ MOLTO DIVERTENTE COMBATTERE ANCHE CONTRO DI VOI!” Continuando a rimanere con uno sguardo pazzo, esclamai queste parole con un tono pieno di goduria: stavo sviluppando una mentalità che mi faceva esaltare ogni volta che venivo ferito in un combattimento; fremevo sempre di più l’adrenalina su uno scontro interessante. Intanto puntai la mano sinistra verso la guardia rimanente, il palmo di essa si illuminò di un colore oscuro: ovvero il nero.
“Ma tu…che cosa sei?!” Domandò il soldato usando un tono sconvolto e non riuscendo a staccare la lancia dal mio braccio rimanendo leggermente piegato in avanti: stava cercando di usare più forza possibile per riprenderne il controllo, ma ormai la vittoria era mia. Ci distavamo di pochi centimetri l’un l’altro e sulla mia destra a circa cinque metri di lontananza: si trovava l’entrata di Orusha che ormai era libera.
“E’ tempo che tu sparisca! Burning Darkness!” Esclamai con un tono esaltato e con un sorriso a dir poco folle, facendo uscire dalla mia mano una possente fiammata colorata di nero; andando addosso al soldato lo fece bruciare con tanta sofferenza, forzandolo ad indietreggiare mentre si sentirono le sue urla atroci e lancinanti: uccidendolo dopo alcuni secondi mentre il suo corpo cadde a terra, continuando a bruciare per parecchio tempo.
Rimasi in silenzio per alcuni secondi, respirando in un modo leggermente affannoso mentre pensai di togliermi la lancia che mi era stata conficcata dentro al braccio sinistro. Poggiai la spada per terra e subito dopo afferrai l’arma che mi era stata conficcata: iniziai ad utilizzare parecchia forza per levarmela dal braccio, sentendo un dolore piuttosto intenso e facendo anche alcuni versi di sofferenza; ma dopo alcuni secondi riuscii nel mio intento: cadde una quantità modesta di sangue sul terreno mentre buttai l’arnese citato prima a casaccio.
Ripresi tutti i miei oggetti e iniziai a riposarmi per alcuni minuti prima di poter ripartire, curandomi completamente il braccio sinistro: intanto ammirai il grande dungeon, pensando che tra non molto ci sarei dovuto entrare per iniziare la mia nuova vita.
“Incredibile…a quanto pare non ho scampo…devo per forza vivere in un altro modo, quindi dovrei andare nel dungeon…e se riesco nell’impero delle ombre…è vero: sono un umano…ma ormai non ne voglio fare più parte…piuttosto che essere condannato per aver ucciso della gente…troverò io un modo per governare…un ALTRO impero, ahahahah!” Mi misi a ridere facendo uno sguardo pieno di soddisfazione e chiudendo i miei occhi; ero più convinto che mai della mia nuova decisione, ovvero quella di sottomettere qualsiasi essere vivente che si volesse opporre di fronte a me.
Dopo tutta questa situazione mi rimisi lo zaino sulle spalle ed iniziai ad incamminarmi; visto che non c’era possibilità di farmi una vita ad Allibis: decisi di avventurarmi dentro al dungeon e se sarei riuscito a sopravvivere, avrei continuato ad avanzare fino all’impero delle ombre. Però dopotutto sarebbe stata anche una nuova esperienza per me; quindi non dovevo abbassare la guardia soprattutto se sarei incappato in una situazione pericolosa.
Fine Capitolo 10