CAPITOLO SECONDO – La Gatta, L’Elfa, lo sport nazionale

CAPITOLO SECONDO - La Gatta, l'Elfa, lo sport nazionale

«Gra… Grazie!»

La dolce pressione di una manina sulla spalla mi riporta alla realtà.

Sussulto, rinvengo.

Da quella situazione irreale, vissuta quasi in terza persona ritorno al presente.

Un senso di vergogna mi attanaglia, giro la testa verso quella vocina delicata totalmente in contrasto con il grottesco contesto in cui sono immerso.

Strabuzzo gli occhi.

Dei riflessi argentati scintillano definendo una sagoma che in controluce non riesco bene a distinguere. Il sole contro mi acceca.

Orecchie da gatto??? Quelle sono indiscutibilmente orecchie da gatto!!! Una coda!!! Oddio, c’è pure la coda!!!

Sono davanti alla Neko Loli che ogni Otaku sogna di vedere almeno una volta nella vita! Ok, calma… Questo è il paradiso, non ci sono più dubbi!

«Signora Elfa, presto!!! Dobbiamo andare. Si alzi!»

Effettivamente cambiare aria non mi sembra affatto una brutta idea. Il vicolo sembra il set di un film splatter. Indipendentemente da chi io sia, o dove mi trovi, farsi sorprendere qui non porterebbe a nulla di buono.

Cerco di alzarmi. Questo mio nuovo corpo risponde perfettamente. Sembra quasi ci sia nato. Mi guardo le mani, alzo lo sguardo al cielo, socchiudo gli occhi, un bel respiro profondo. Ci sono.

Un lontano rumore di passi e voci echeggia dal fondo del vicolo.

Mi prende una morsa allo stomaco.

Mi giro di scatto a cercare la ragazzina. Non so che fare, non so dove andare, sale l’ansia, sono nuda, ho due tette giganti cazzo!

Con dei balzi e degli scatti degni del più agile dei felini la ragazzina arraffa qualcosa dal primo cadavere, il mingherlino ex arrapato. Zompa poi sopra al secondo e ripete l’operazione sfilandogli a fatica la lunga giacca di pelle. Al terzo, il gigante, probabilmente rinuncia perché troppo distante.

Mi infagotta rapidamente nella giacca, mi afferra saldamente la mano ed inizia a correre trascinandomi con lei.

«Svelta, seguimi. Se ci trovano qui siamo spacciate!»

Non capisco cosa stia succedendo, non so cosa sto facendo, non so dove sto andando. Una cosa però il mio istinto mi urla disperato: corri!!!

Alla fine del lungo vicolo si intravede la luce. L’ombra degli edifici non dà modo di scorgere oltre.

Corro, corro come se non ci fosse altra ragione di vita.

I piedi nudi al contatto con le pietruzze bruciano, il fiato si fa corto ma questo fisico resiste. La ragazzina sembra sapere bene cosa sta facendo.

Il vicolo giunge al termine, la luce oltre il limite della via mi acceca.

L’ultima falcata è un balzo nell’ignoto.

La salda stretta sulla mano mi fa lasciare alle spalle qualsiasi indugio.

Corro, corro perché non ho altra ragione di vita.

Qualche istante e gli occhi si adattano. La ragazzina gatto corre veloce, come un animale selvatico braccato dal predatore. La sua coda ripetutamente mi sventola sul viso.

La coda… Ha la coda cribbio!!!

Sento perfettamente che riesco a tenere il ritmo. Lasciatoci alle spalle il vicolo percorriamo una viuzza di ciottoli che porta ad un piccolo ponte, più in là la via diviene un sentiero che serpeggia nel prato per poi perdersi in una fitta foresta, il cui fronte risulta talmente preciso da sembrare innaturale.

La gattina rallenta il ritmo, ormai siamo salve, lontane da qualsiasi sguardo.

La corsa assume un’andatura meno serrata, ci addentriamo nella fitta vegetazione. La ragazzina sembra sapere dove sta andando. Qualche minuto più tardi, non so quanta strada abbiamo percorso, la fitta vegetazione lascia spazio ad una piccola apertura.

Dal nulla sembra di essere sbucati in un’oasi gelosamente custodita dal fitto di quella intricata e rigogliosa vegetazione. La ragazzina mi lascia la mano, camminando lentamente in quell’angolo di paradiso, si volta e, accompagnato dal più tenero dei sorrisi, mi dice «Siamo arrivate. Qui siamo al sicuro». In quel momento avrei voluto abbracciarla e stringerla come il più morbido dei peluche. Mi limito a morire dentro per non averlo fatto.

Orecchie pelosine, code, tette… Per oggi ho fatto decisamente il pieno!

Ci fermiamo al centro dell’oasi, a ridosso di dove il terreno si innalza dolcemente a creare con il dislivello una piccola montagnola. Dalla sommità scende dolcemente un ruscello che scorrendo sulle rocce alimenta un piccolo laghetto alla base del crinale. L’acqua scorre lenta, produce un lieve canto che sembra quasi essere un tesoro nascosto sotto la stretta custodia di questa impenetrabile foresta.

Il ronzio di qualche insetto, il leggero svolazzare delle farfalle.

Sono in paradiso.

La ragazzina lascia cadere il fagotto con le cose arraffate prima della fuga.

«Io sono Liz, tu chi sei? Sei stata fantastica con quei tre tizi… Non ho mai visto nulla del genere!!!»

Ecco, ci siamo. È giunto il momento.

Chi sono??? Cosa dico a questo tenerissimo peluche che mi sta guardando con gli occhi luccicanti? Non mi sembra il caso di esordire con “Ciao gattina Liz, io sono Rioda, ho 48 anni, faccio il commerciante e fino ad un’ora fa mi cagavo addosso in un letto di rianimazione. Ora sono qui, da quello che ho intuito sono un’Elfa, ma non ne sono molto sicuro. Però ho due meloni giganteschi. Ecco, di quello sono sicurissimo!”

La testa inizia a girarmi, più ci penso e meno ne vengo a capo… Bah, vado sul classico. Diciamogli la verità. Di solito, anche se con qualche omissione, non ti fa mai sbagliare.

«Liz, grazie di avermi portata al sicuro. Purtroppo non so che dirti… Non ricordo nulla. Ho il vuoto totale in testa da un’istante prima in cui ho… Beh, lo hai visto quello che fatto…»

Liz mi guarda giustamente sospettosa, poi esordisce «Ma il nome? Almeno quello te lo ricordi?»

Resto un momento interdetto. Mi do un nome? Così su due piedi abbozzo un pessimo «Elf, mi chiamo Elf…»

Ma porca zozza! Un po’ di fantasia no?! Ma come mi è uscita questa? L’Elfa Elf… Sono proprio una frana.

«Piacere Elf, bene, almeno quello te lo ricordi! Adesso però che ne diresti di darti una ripulitina? Fai con comodo. Il laghetto è tutto tuo!»

È andata. Fortunatamente non sembra essere un problema che un’Elfa si chiami Elf, abbia scannato a freddo tre persone e non ricordi nulla del suo passato.

Però, effettivamente, rispetto alla fine che la piccola ha rischiato di fare, è più che accettabile.

In quei pochi minuti che siamo state ferme, sotto ai miei piedi, si era formata una chiazza porpora resa ancora più inquietante da qualche indefinito pezzo più scuro ed informe. Soprassiedo alla cosa, in silenzio mi avvicino alla sponda del laghetto, finalmente vedo il mio riflesso specchiato nelle acque cristalline, lascio scivolare la lunga giacca che mi copre appena sopra alle ginocchia.

Cade a terra, intrisa di Dio solo sa cosa…

L’odore ferroso è pungente, la sensazione oleosa del sangue sulla pelle inizia ad infastidirmi.

Mi sporgo in avanti e ai miei occhi appare la più splendida e spettacolare delle creature. L’Elfa. 

Completamente ricoperta di sangue, divina anche nelle striature rosa che il sudore squarcia nel porpora di quel fluido denso e ormai rappreso.

Un’ angelico viso senza ombra di difetto su cui sono incastonati due rubini che brillano come un fuoco nella notte più buia, orecchie lunghe e affusolate.

Una lunga treccia verde scivola in avanti accarezzandomi dolcemente le spalle. Sono un cliché.

La più meravigliosa Elfa che la fantasia di un essere senziente avesse potuto mai immaginare.

Chiudo gli occhi, alzo il mento, cerco un po’ più in alto l’aria più pura. Inspiro a pieni polmoni perché è giunto il momento. Finalmente affondo le mani in quelle maestose tette. La morte non mi fa più paura.

Passato il glorioso attimo mi immergo in quelle acque cristalline. Lo sguardo mi cade poco più in là, oltre il laghetto, dove l’oasi si estende in un piccolo pianoro. Liz è tutta indaffarata a zompettare allegramente.

Accende un fuoco, entra ed esce dal fitto della foresta sempre con qualcosa di nuovo in mano. Raccoglie la mia giacca, la lava per bene, la stende ad asciugare in prossimità del fuocherello assieme ad altri panni non ben identificati. Probabilmente il frutto del saccheggio ai due cadaveri. Io intanto, completamente immersa in quelle piacevoli acque, mi sto godendo l’effetto che le mani hanno al contatto con la pelle più morbida e liscia che abbia mai toccato. Ormai sono bella che pulita ma, estasiata da quella sensazione, finisco per fare aspettare Liz ancora per un bel po’.

Il sole ormai sta facendo capolino nascondendosi dietro le alte fronde al di là del piccolo promontorio. Uscita dal laghetto mi dirigo verso Liz. Vedendomi arrivare in tutto il mio splendore elfico mi viene incontro e mi porge uno strano indumento bianco.

«Tieni, asciugati con questo.»

Mi asciugo velocemente con in sottofondo il crepitio del fuoco. Il tepore mi scalda il viso, mi rinfranca il corpo, mi rilassa la mente. Liz mi porge poi dei pantaloni, una specie di canotta ed un paio di scarponi.

Li indosso.

Sembro un’Elfa strafiga, appena scappata di casa, che ha messo erroneamente in valigia il guardaroba del fratello maggiore. Guardo Liz con uno sguardo la cui eloquenza non ha bisogno di parole. Vabbè, piuttosto che nuda anche un sacco di juta va bene.

Liz resta immobile, trepidante. Mi fissa.

Cerco di sdrammatizzare «Si beh, non sono proprio della mia taglia ma penso vadano bene… Come sto?»

Liz, immobile, è ora attonita.

«Elf… Ma… Perché non li equipaggi?»

I ruoli si invertono. Quella attonita ora sono io.

Dopo una breve spiegazione capisco che gli elfi, essendo creature affini alla magia, possono “equipaggiare” qualsiasi attrezzatura abbiano sotto mano. Nel caso di armi, indipendentemente dalla maestria ottenuta con l’allenamento, risulteranno decisamente più efficaci nel causare danno all’avversario.  Nel caso di indumenti si adatteranno alla persona che li indossa. Il tutto “solo” infondendogli un po’ di potere magico mentre ci si focalizza sul risultato che si vuole ottenere.

«Liz, non saprei proprio da dove iniziare… Ricordo a stento come mi chiamo… Potere magico?! Non so neppure cosa sia!»

Liz mi prende le mani, ci sediamo a terra. «Chiudi gli occhi. Concentrati. Pensa a come vorresti essere vestita e lascia scorrere da dentro quello che senti… Provaci. Per la vostra razza non dovrebbe essere un problema, dovrebbe risultarti quasi naturale.»

Le parole di Orecchie Pelosine, alias Codina Morbida, al secolo Liz, mi infondono coraggio.

Indosso anche la giacca, chiudo gli occhi, mi concentro.

Nel buio intravedo qualcosa, un alone brillante. Il cuore inizia ad accelerare. Come un caldo fluido sento defluire dal petto un’energia a me sconosciuta. Trattengo il respiro. Un tepore rasserenante mi pervade, l’alone di luce si fa accecante. Sbarro gli occhi, la vegetazione circostante si accende di un bianco e potente riflesso. L’alone che vedevo è ora tutto intorno a me. Il tepore poi lascia spazio al fresco della sera, scintillando la luce scema.

Liz mi guarda in estasi.

Anfibi neri sopra al polpaccio, canotta super aderente bianca all’ombelico, short a tasconi neri e spolverino in pelle nero abbinato.

Con la mia prima magia ho creato una Lara Croft elfica!!!

«Miaooooo!!! Ci sei riuscita!»

Liz sembra più felice di me nel vedermi finalmente vestita di tutto punto. Con le mani strette a pugno davanti alla bocca mi fissa con due cuori al posto degli occhi. Flap, flap, le orecchie pelosine frullano come due alucce.

È decisamente contenta!

Ancora incredula mi guardo, mi guardo ancora, mi guardo di nuovo…

Flap, flap, le mie orecchie elfiche frullano come due alucce.

Adesso ho imparato che in certi frangenti, le orecchie degli elfi si animano di vita propria.

Andata a buon fine la sfilata improvvisata ci sediamo attorno al fuoco. Ormai gli ultimi bagliori di luce sono stati divorati dalla fitta foresta. L’oasi è illuminata solo dal riflesso del fuoco e dal candido pallore di tre lune piene che maestose dominano l’oscura notte.

Siamo esauste, senza proferire parola mangiamo degli spiedini di un non ben identificato animale. Liz li aveva preparati mentre ero intenta ad esplorarmi nel laghetto, che tenera… Il rumore del dolce scorrere dell’acqua prepotentemente cerca di chiudermi gli occhi. Mi adagio su un lato, Liz mi si accoccola sul ventre. È calda, i capelli le profumano di fieno. Un leggero ronzio è accompagnato da un caldo tremore. Fa le fusa. Rigiro gli occhi quasi a svenire e mi abbandono. Mi addormento in un’estasi mai conosciuta prima.

La testa mi scoppia, le orecchie fischiano… Intravedo una luce sfocata che mi brucia le retine mentre il rumore ovattato di grida mi rimbomba nel cervello come se qualcosa stesse tentando di mordermi le tempie. Déjà-vu.

Un rigolo caldo mi scende sul viso. Non riesco a muovermi. Ho un cerchio alla testa peggiore di quando mi risvegliai dalla mia prima sbornia.

Puzza di sudore, olezzo di fogna… Inizio lentamente a mettere a fuoco i lineamenti di un viso che mi si para davanti.

«Buongiorno bellezza, adesso ti facciamo divertire noi!»

Ho le mani legate dietro la schiena, un rigolo di sangue mi scende dalla fronte offuscandomi la vista in un occhio, due tizi mi tengono per le spalle, uno mi è sopra e armeggia per liberare l’impaziente fratellino rinchiuso ai piani bassi.

Scusate, ho solo una domanda. Ma in questo paese lo stupro è sport nazionale?

Elf!

Elf!

Stato: In corso Tipo: Autore: Rilascio: 2022
Elfe, massacri, orecchie pelosine, sangue, tette. Due mondi ma un solo Universo, due corpi ma una sola anima. L'isekai definitivo non è nelle tue mani, sei tu!
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