P.O.V. DI ERWIN
Diamine, quella notte non riuscii a dormire; Dopo tutto quello che accadde nella foresta, Ron mi disse che sarei partito domani stesso per Ralem, dove ad attendermi c’era il treno con destinazione Veras. La cosa mi aveva reso particolarmente eccitato, ma tale eccitazione fu bruscamente distrutta, quando mi disse che sarei partito con Elaine, senza darmi ulteriori spiegazioni sul perché dovessi proprio partire con lei. Voglio dire, partire con una ragazza da soli in giro per Mykotos non mi dispiaceva, ma diamine, quella ragazza mi stava antipatica, non volevo che mi mettesse i bastoni fra le ruote.
Ma non potevo rifiutarmi, dato che se avessi detto di no a Ron, probabilmente non sarei partito per Veras. Certo, non ne avevo l’assoluta certezza, ma con quel vecchio non c’era mai nulla di certo. Meglio non rischiare con lui.
Stanco per la notte passata in bianco, mi alzai quasi controvoglia dal letto, dirigendomi verso il bagno; ma non appena aprii la porta della mia stanza però, mi ritrovai di fronte una ragazza dai capelli neri come la pece, che mi scrutava dall’alto verso il basso con uno sguardo… disgustato?
Fatto sta che non ci misi molto a capire chi fosse quella ragazza, grazie al modo in cui mi guardava, quasi con disprezzo: si trattava di Elaine. Rimasi sorpreso di vederla conciata in quel modo, e soprattutto, non mi aspettavo di vederla davanti alla mia stanza di prima mattina: che mi stesse spiando?
“C-Che ci fai davanti alla porta della mia stanza?! Volevi forse spiarmi, eh?” disse con un piccolo sorriso molto forzato, cercando di farla ridere.
A giudicare dall’occhiataccia che mi rifilò però, credo che non apprezzò affatto la mia battuta, bisbigliando qualcosa che non riuscii ad udire, ma probabilmente doveva essere qualcosa di poco carino nei miei confronti. Elaine mi passo di fianco, tirandomi una spallata per poi sedersi sul mio letto, senza nemmeno che gli abbia dato il permesso di entrare dentro. Seriamente, che ragazza problematica…
“Ascoltami, ragazzino” – disse Elaine con voce disprezzante, indicandomi con il suo indice – “da oggi per te sono Lucy Landerblud. Vedi di non mandare a puttane la mia copertura, intesi?”
Quella dannata ragazza….Era solo mattina ed era riuscita a farmi già incazzare. Avevo deciso di comportarmi bene con lei, dopo aver sentito la sua brutta storia, ma con ragazze del genere, tutto diventava più difficile e senza senso. Il mio sorriso divenne ancora più forzato, mentre la mia rabbia aumentava ad ogni secondo che passava.
Per non esplodere di rabbia davanti a lei, uscii dalla stanza senza dire nulla, lasciandola indietro, mentre con il suo sguardo altezzoso, mi squadrava dall’alto verso il basso. Per un momento, mi passò per la testa l’idea di non partire, se questo significava potermi sbarazzare di lei.
Dopo essermi lavato per bene da cima a fondo, e dopo essermi calmato, scesi nella locanda, dove con grande sorpresa c’erano, oltre alle valigie che avevo preparato per l’eccitazione durante la notte, anche molti abitanti di Hakhill, che mi aspettavano con trepidazione; c’erano tutti, dai vecchi del villaggio che avevo aiutato qualche volta con alcune mansioni, fino ad alcuni ragazzi con cui ero cresciuto, nonostante non condividessimo gli stessi sogni o hobby.
“SORPRESA!” Urlò tutta quella gente nel locale, e per poco, non caddi lungo le scale, rischiando di farmi seriamente male…
“M-Ma cosa ci fate qui…”
Hernest, un’amico di Ron e sindato della città, si avvicinò a me, dandomi una pacca sulla spalla, con il suo solito sorriso contagioso.
“Vedi, in questi anni hai aiutato tanta gente del villaggio, svolgendo compiti che poche persone avrebbero voluto fare. Facendo ciò, sei entrato nel cuore di tutti noi, per questo siamo venuti a salutarti come si deve. Ci mancherai!”
Seriamente, vedere tutta quella gente venuta qui per salutarmi, mi rese felice, ma allo stesso tempo triste: sapere che per 5 anni non avrei più visto le persone che insieme a Ron mi avevano cresciuto e con la quale avevo passato molto del mio tempo, mi rendeva strano. Stavo per piangere, però non volevo che pensassero che fossi triste di partire;
“Grazie… grazie per tutto quello che avete fatto per me quando mio padre….”
Niente da fare, cominciai a piangere a dirotto, ma non m’importava, dovevo finire il mio discorso.
“Grazie per avermi cresciuto come se fossi stato il figlio di ognuno di voi! Porterò il ricordo di tutti voi con me! Non vi deludero!”
Tutti nella stanza si avvicinarono a me, abbraccaindomi affetuosamente e dandomi un po’ di cibo per il viaggio; molte signore piangevano, mentre i vecchi che frequentavano la locanda di Ron, brindarono in mio nome, ma sono sicuro che fosse un pretesto per bere, ma apprezzai molto il gesto. Mentre ognuno di loro veniva a salutarmi, con la coda dell’occhio notai Elaine, rimanendo sorpresa vedendola con sguardo triste, mentre osservava in silenzio tutta quella gente; che le ricordasse la gente della sua città?
Ma non appena si accorse che la stavo guardando, si ricompose quasi subito, tentando di salire sopra le scale che portavano alle camere da letto, ma inaspettatamente finì per essere bloccata da alcune signore, che in mano avevano diversi vestiti;
“Tu devi essere Lucy, la nipote di Ron, vero? Ci ha detto che avevi bisogno di un po’ di vestiti, così te ne abbiamo portati alcuni. Tieni, non fare complimenti!”
Bastava vedere lo sguardo di Elaine per vedere che era imbarazzata, tanto che non riuscii a dire nemmeno una parola; cavolo, non riuscivo a concepire come una bellissima ragazza come lei, potesse essere così bipolare con le persone. Fui comunque felice di vederla in quel modo, almeno ora non aveva quel fastidioso muso lungo.
Non ebbi tempo però di pensare a lei in quel momento, dato che molta gente era venuta apposta qui per me. Dovevo salutarli come si doveva e poi, forse, mi sarei oocupato di parlare con Elaine.
Dopo che tutti quelli del villaggio mi salutarono, compreso alcuni coetanei con cui ero cresciuto, alcuni rimasero per diversi minuti apposta per mangiare dei dolci appena sfornati e per bere un po’ di buon vino. Fatto ciò, la locanda si svuotò lentamente, fino a quando nella stanza non rimanemmo io, Ron e Elaine, che nel mentre aveva finito di preparare la sua valigia, indossando i vestiti che gli erano stati gentilmente regalati.
“Hai finito con i saluti?”
Che strano, fino a ieri ero felice al solo pensare di arrivare a Veras city, però ora sentivo qualcosa dentro il mio animo che mi diceva di non partire, mettendomi in agitazione. Per un’istante, avrei voluto annullare tutto e rimanere qui, poi però mi ricordai perché volevo partire, e subito, quel dubbio scomparve.
“Si, sono pronto…”
Ron si avvicinò al bancone, tirando fuori da chissà dove due saccoccie in pelle dal colore marrone belle gonfie, lanciandone una a me ed una ad Elaine.
Quando presi quel piccolo sacco, notai che era bello pesantuccio, e che all’interno c’era qualcosa che faceva un rumore simile al rumore delle chiavi in tasca. Che ci avesse dato delle monete d’argento? Quando però aprii il sacco, mi accorsi che era pieno zeppo di monete d’oro ciascuno. Rimasi scioccato di vedere una tale somma di denaro in mano, tanto che cominciai a tremare dallo stupore. Anche Elaine rimase sorpresa nel vedere tale quantità di monete d’oro, nonostante provenisse da una famiglia ricca.
“Ron! Ma dove diavolo hai tirato fuori tutte queste….”
“Sono i risparmi che tuo padre mi aveva lasciato prima di partire per occuparmi di te. Dopo la sua morte, non sapevo che farci, così ho conservato questo denaro per te. Con questi, non dovreste avere problemi di alcun tipo.”
Sembrava che anche dall’aldilà, mio padre mi stesse aiutando a perseguire il mio sogno ed il mio obiettivo… Seriamente, che tipo!
Fuori dalla locanda, udimmo degli scalpiti in lontananza diventare sempre più udibili, fino a fermarsi davanti alla locanda: doveva trattarsi del carro diretto per Calem.
Io ed Elaine prendemmo le nostre cose, dirigendoci poi verso la porta della locanda. Elaine uscì senza dire nulla, salendo dentro il carro; che strano, mi aspettavo che salutasse per lo meno Ron, invece sembrava aver fretta di partire.. Valle a capire le ragazze.
Io invece mi fermai davanti alla porta, per poi voltarmi verso Ron, il quale mi fissava con i suoi occhi calmi a braccia conserte. Non volevo salutarlo in modo freddo o in modo troppo affettuoso, quindi pensai di salutarlo dicendo la prima cosa che mi venne in mente.
“Beh, ci vediamo, nonno!”
Non l’avevo mai chiamato in questo modo, ma era la prima cosa che mi passò per la testa in quel momento; Nonostante l’aspetto negativo che poteva dare a volte, mi aveva sempre trattato bene, e mi aveva allenato nell’uso della magia, nonostante tutto. Era come un padre per me, e sarei sempre stato riconoscente nei suoi confronti.
Ron rimase sorpreso nel sentire quelle parole, ne sono certo, dato che sgranò i suoi occhi quasi increduolo: che imbarazzo.
“…Vedi di non deludermi, figliolo!”
Per la prima volta, vidi Ron imbarazzato per qualcosa, ma fu anche la prima volta che vidi Ron sorridermi in quel modo quasi… quasi triste. In quel momento, non sapevo come reagire, e l’unica cosa che feci, fu ricambiare il sorriso, per poi alzare il mio braccio.
“Beh, ci vediamo!”
Salii velocemente nella carrozza con il mio zaino, ordinando al cocchiere di partire il più in fretta possibile. Se fossi rimasto lì ancora anche per poco, sento che avrei rinunciato a tutto.
“…Stai piangendo ancora? Oddio, sei proprio un poppante.” Disse sbuffando Elaine, mentre guardava il paesaggio scorrergli davanti agli occhi;
mi ero fatto molti film mentali su come il mio addio sarebbe stato, ma non avrei mai immaginato che sarebbe stato così doloroso. Era così che si sentiva papà ogni volta che partiva per un lungo viaggio? Nonostante tutto però, non potevo continuare a piangermi addosso, era stata una mia scelta, e l’avrei portata fino in fondo.
Il calesse uscì finalmente da Hakhill, e non appena uscimmo da lì, mi asciugai le lacrime, lasciando indietro dubbi ed incertezze. Il mio viaggio, era appena iniziato.
*FINE P.O.V*
*P.O.V RON*
Che strano; non mi aveva mai chiamato Nonno. Voglio dire, era solito chiamarmi vecchio oppure per nome, ma mai nonno. Per la prima volta, sentii dentro di me una sensazione che pensavo non avrei mai più provato, dopo le atrocità che avevo passato.
“…Dannato marmocchio.”
Mi sedei davanti al bancone, bevendo direttamente dalla caraffa il vino che era avanzato dalla piccola “festa d’addio” fatta per Erwin.
In questi anni, avevo trattato in modo duro il ragazzo, forse perché caratterialmente assomigliava al fratello che tanto odiavo, oppure perché avere in casa un marmocchio come lui, mi ricordava quando mia figlia scorrazzava nella locanda a creare disordini tra i clienti. In entrambi i casi, entrambi i ricordi creavano in me molto dolore e fastidio, e l’unica cosa che alleviava tale sofferenza, era affogare nell’alcool la notte per annebbiare la mia mente, e spegnere le mie emozioni durante il giorno; Era troppo per me ricordare quelle persone, ed ora che Erwin era partito, un senso di sollievo, ma anche di solitudine, mi avevano completamente innondato in quella locanda silenziosa. Ma non era tutto, perché sembrava che per quanto mi fossi allontanato da tutto e tutti, il mio passato era ripiombato sulla mia attuale vita, e non c’era nulla che potessi fare.
“Qualcosa di più forte…”
Andai nel bancone per cercare qualcosa di veramente forte, nel vano tentativo di cancellare queste emozioni che mi arrivavano addosso come un fiume in piena, ma la mia ricerca fui interrotta da Hernest, che nel mentre era entrato nella locanda senza che me ne accorgessi, a dimostrazione del fatto che in quel momento, avevo la testa proprio da un’altra parte.
“Posso sedermi, oppure vuoi rimanere da solo ad ubriacarti come un’idiota?”
“Hernest, per oggi siamo chiusi, vattene.”
Tra tutti, era proprio quello che non volevo vedere, psicanalista dei miei stivali…
“Su su, non fare così, amico mio.” disse con il suo solito e fastidioso sorriso malizioso.
Senza ascoltarmi, Hernest si sedette davanti al bancone sbottonando interamente la sua camicia per il troppo caldo che faceva fuori, mostrando inoltre la sua pancia, che negli anni era diventata ancora più grassa.
“…Che vuoi bere?”
“Mmmmh, quel liquore che mi avevi fatto assaggiare l’ultima volta…. E perché no, vorrei mangiare anche del prosciutto accompagnato con il pane!”
“Forse dovresti iniziare una seria dieta” – dissi con voce provocatoria, osservando con insistenza la sua grassa pancia, che si muoveva ad ogni movimento che faceva.
“E tu vedi di sorridere ogni tanto, mister tenebroso!” esclamò con un leggero imbarazzo Hernest, il cui volto divenne rosso come un peperone.
Rimanemmo seduti per un po’ di tempo senza dire nulla; io continuavo a bere il liquore un bicchiere dopo l’altro, senza però riuscire ad ubriacarmi, al contrario di Hernest, che invece, non reggendo l’alcool, si concentrò sul pane e sul prosciutto, ingozzandosi con voracità; Seriamente, mi preoccupavo per la sua salute fisica: da quando si era ritirato dalla vita di avventuriero, si era completamente lasciato andare, mangiando schifezze di ogni genere, e vederlo ingozzarsi in quel modo, era altrettanto preoccupante.
Tra un bicchiere di liquore e l’altro, comunque, fu proprio Artest a rompere il silenzio, com’era solito fare.
“Senti Ron” – disse Hernest, che di colpo, smise di mangiare, pulendosi la bocca con un tovagliolo tirato fuori dalla sua tasca – “Cosa ti ha fatto cambiare idea?”
“Riguardo a cosa esattamente?”
Sapevo che era venuto a parlare di Erwin, ma ora non avevo voglia di affrontare quel discorso… Non ne avevo per niente voglia.
“Andiamo, Ron… ti conosco da ormai ben 30 anni, e so che quando prendi una decisione, tale decisione non cambia… o sbaglio? Non avevi forse detto che non volevi che il ragazzo entrasse in un mondo così duro e pericoloso come quello dei maghi?”
“…”
Avrei voluto non spiegargli il motivo per cui l’avevo lasciato partire, ma sapevo che più mi rifutavo di parlarne, e più avrebbe insistito sull’argomento. Controvoglia, tirai fuori dalla mia tasca una lettera, gettandogliela addosso; anche il solo vedere quella dannata lettera mi dava il voltastomaco.
“Che modi! C’era bisogno di lanciarmi la lettera in questo modo?”
“Stai zitto e leggi quella dannata lettera.” dissi stizzito, facendo un lungo sospiro per calmarmi;
Quel maledetto mi guardò in modo dubbioso, e dopo alcuni secondi, cominciò a leggere la lettera. Sapevo già quale sarebbe stata la sua reazione, ed a giudicare dal suo volto dopo pochi secondi, doveva aver già finito di leggere il contenuto.
“M-Ma.. Quando è arrivata?”
“Ieri, mentre sono uscito fuori dalla locanda alla ricerca di quel marmocchio…”
iniziai a bere sempre di più, tutto questo a causa di quella lettera; prima l’addio di Erwin, poi questo. Sentivo che sarei esploso da un momento all’altro, e l’unica cosa che mi teneva sotto controllo in quel momento, era quel liquore dal gusto molto discutibile.
“Questo è un problema, un grosso problema!” disse Hernest, che per la tensione, cominciò a bere pure lui, strappandomi dalla mano la bottiglia di liquore.
Rimanemmo in silenzio per diversi minuti, con la bottiglia che nel giro di alcuni grossi sorsi, era già finita. Avrei voluto alzarmi dal tavolo, ma l’effetto del liquore si era fatto sentire, e tutto intorno a me era diventato leggermente confuso, ed il mal di testa non cessava di smettere, anzi, il dolore sembrava essersi moltiplicato. Hernest, dal canto suo, non amava l’alcool, e dopo pochi sorsi, già stava male. Che idiota.
“Beh, sapevamo che era una cosa che prima o poi sarebbe accaduto, o sbaglio? L’unica cosa che mi chiedo, e se tu ti senta realmente pronto. Perché detto francamente, non lo sei…”
“Oh, tu dici?” dissi in modo sarcastico, anche se in quel momento, non c’era nulla di cui ridere…
Artest non aveva tutti i torti; Grazie ad un patto fatto con il mio ex “capo”, ero riuscito ad abbandonare la mia vecchia vita senza ripercussioni, ma a causa di una parte del mio giuramento che era ancora in vigore, ero praticamente obbligato a ritornare lì in qualsiasi momento. Però in questi anni la vita ed il tempo mi avevano ucciso spiritualmente, e non avevo quindi la minima voglia di ritornare in quell’inferno di vita; speravo che dopo tutti questi anni, si fossero dimenticati di me.
Però, allo stesso tempo, ero stanco di dover ricordarmi dei miei affetti ogni diavolo giorno in questa stupida locanda; Se ricominciare con quella vita infernale voleva dire tenermi occupato il più possibile senza dover pensare ad altro se non ai miei compiti, avrei accettato di buon grado.
“Come immaginavo…” disse Hernest a bassa voce, guardandomi con occhi tristi; Quell’idiota aveva capito cosa mi frullasse per la testa, e senza che gli dicessi qualcosa, sapeva che decisione avevo preso. Si preoccupava sempre per me, e nonostante qualche volta mi comportavo in modo freddo con lui, apprezzavo la sua compagnia, anche quando litigavamo pesantemente. Era un mio grande amico, ed il fatto che nei momenti bui mi era stato vicino, era stata una benedizione. Ma ora ero arrivato al limite, e la mia unica soluzione era di riabracciare il mio oscuro passato, nonostante io stesso sapevo che non ne avrei beneficiato.
“Beh, credo che cercare di farti cambiare idea, non funzionerà, vero? Che succede se Erwin dovesse tornare perché ha fallito il test? ci hai pensato a questo?”
Mi alzai dalla mia sedia che era diventata calda, dandogli una busta chiusa. Non sapevo cosa scrivergli, così scrissi una lettera tanto banale quanto brutale. Ero davvero un pessimo “nonno”, come lui mi aveva chiamato poco prima. Lui non merita tutto questo, dopo quello che aveva passato anni prima.
“Digli semplicemente che mi dispiace non esserci, e dagli la lettere. Non aggiungere altro…”
“…E’ un addio dunque…” – Hernest si alzò dalla sedia, dandomi una pacca sulla spalla, facendo poi un lungo sospiro che sapeva di disappunto e di rabbia. Avrebbe voluto far di più per fermarmi, ma sono sicuro che guardando il mio volto, aveva già capito che era tutto inutile. Barcollando, si diresse verso l’uscita della locanda, e prima di lasciarmi solo, alzò la sua mano in segno di saluto.
“So che per molto tempo non ti vedremo da queste parti. Ma se dovessi stancarti di quella vita, sappi che qui hai un amico che ti aspetta. Abbi cura di te.”
Alzai la mia mano in segno di saluto, mentre Hernest uscì dalla locanda in silenzio. Mi mancherà come il pane, quell’idiota ingordo. Parlare con lui mi aveva alleviato il senso di rimorso e di dolore che provavo in quel momento, facendomi smettere di bere. Passai il resto della mattinata a pulire il locale per bene per un’ultima volta, prima di lasciarmi tutto alle spalle.
Non appena finii, misi alcuni ricambi in una saccoccia e presi le mie spade che mi avevano accompagnato nelle mie numerose battaglie in passato, legandole poi alla cinta; presi tutte le mie monete d’oro, ed indossai anche il mio lungo mantello, coprendomi la testa con il capuccio, dato che non volevo che nessuno del villaggio venisse a salutarmi, dirigendomi infine verso il retro della locanda. Mi voltai nuovamente come se qualcosa d’invisibile mi stesse trattenendo con forza; guardai ogni angolo della locanda, ricordando tutti momenti belli, ma anche quelli brutti che mi avevano condizionato irrimediabilmente. Scrollai la testa, non era tempo di pensare a tutto questo, ma dovevo pensare a cosa diavolo mi sarebbe successo una volta arrivati in quelle che era la mia città natale, Kirin-mach.
“Forse dovrei distruggere la locanda…”
Mi voltai di scatto, uscendo rapidamente da quel luogo che mi stava facendo sempre più desistere di partire. E non appena chiusi la porta, scattai il più velocemente possibile, abbandonandomi alle spalle la vita ad Hakhill, gli incubi, ma anche i miei amici a cui mi ero affezionato, e pensai anche ad Erwin, sperando che a differenza mia, un giorno potesse realizzare il suo sogno e trovare la tanto agognata felicità.
*P.O.V. DI RUDOLF*
Non avevo tempo da perdere, dovevo iniziare la mia missione il più velocemente possibile. Presi tutto quello che poteva servirmi per il viaggio come ad esempio libri sui testi antichi, molte monete d’oro e d’argento, vestiti adatti per il deserto per via del fatto che la Baraccopoli era una città desertica e molto altro.
Mi recai velocemente con il mio bel borsone pieno verso le varie automobili a nostra disposizione, quando però venni fermato da quel mentecato di Calien, ed a giudicare dal suo sguardo, non era affatto contento di vedermi in buono stato, anzi, era completamente infuriato nel vedermi ancora tutto intero, tanto da venire verso di me, affrontandomi a muso duro.
“RUDOLF! PERCHE’ SEI ANCORA VIVO?!” urlò Calien con rabbia, con gli occhi che sembravano sul punto di schizzare fuori dalla sua testa; In quel momento, riconobbi finalmente il “Calien” che cercava tanto di nasconde: ovvero quello che va in escandescenza quando le cose non vanno come sperato. Adoravo vedere quel suo lato irrascibile, soprattutto se il motivo di tale rabbia ero io.
“Non ho tempo per parlare con te, idiota…”
Cercai di passare di fianco a lui, non rivelandogli i dettagli di quello che accadde nella stanza di Umarth, dato che probabilmente avrebbe creato solo utleriori problemi. Però il figlio di Umarth mi fermò per un braccio, facendomi anche relativamente male.
“Vedi di lasciare la presa, Calien…” dissi con un tono di voce calmo, cercando di trattenermi da colpire quel brutto muso.
“Lasciare la presa? Ehehehe, scordatelo! Non mollerò la presa finché non svuoterai il sacco, e non mi dirai come hai fregato quell’idiota di nostro padre, figlio di putt–!”
Non so nemmeno io perché, ma prima ancora che potesse finire la sua frase, lo colpii con un bel diretto destro in pieno volto, facendolo cadere per terra. Quando mi resi conto di quello che avevo fatto, era troppo tardi… L’avevo combinata grossa, e questa volta per davvero.
Calien, incredulo e disorientato, si toccò il labbro, vedendo il suo sangue sul palmo delle mani. Il suo volto, da spaesato, si trasformò in qualcosa simile a quella di una bestia affamata alla quale avevano sottratto il cibo sotto il suo naso, lanciandomi delle occhiate che mi pietrificarono.
“Ascolta, Calien non so cosa mia sia–!!”
Una scheggia di ghiaccio mi sfiorò la guancia, ferendomi leggermente in superficie. Rimasi scioccato dalla velocità del colpo, e se non fosse stato per i miei discreti riflessi, mi avrebbe probabilmente ucciso. Quel bastardo aveva realmente intenzione di uccidermi, e non potevo lasciargliela passare liscia, non questa volta!
“Tu….”
Dalla mia mano sinistra, creai una spada di ghiaccio, pronto per attaccarlo. Al diavolo le regole di nostro padre! Volevo uccidere quel cane con le mie stesse mani, e non mi sarei fermato finché non avrei tranciato il suo corpo come un’inutile vacca che era!
“Eheheh, vuoi fare sul serio? Bene, non vedevo l’ora!”
Entrambe le sue mani vennero avvolti all’improvviso da dei guanti di ghiaccio all’apparenza estremamente duri, con degli artigli estremamente affilati che rendevano i guanti ancor più letali. Anche i suoi piedi vennero avvolti da delle protezzioni in ghiaccio, con la differenza che gli artigli erano più corti.
“Dato che mi hai attaccato per primo… non succederà nulla se ti ammazzo, giusto?!”
Cominciò a saltare a destra e sinistra ad una velocità incredibile, ed ebbi vita dura nel seguire i suoi movimenti, anche a causa del mio nuovo handicap; Oltre al fatto che I suoi movimenti erano innaturali, simili ai Lupi di montagna, continuava a nascondere i suoi attacchi nel mio lato cieco, rendendo anche solo difficile il solo poter fare un semplice contrattacco;
Ma non potevo farmi intimidire da quel bastardo, così tentai di attaccarlo con un veloce fendete, ma il mio colpo andò completamente a vuoto, dato che questa volta si era portato alle mie spalle, lasciandomi completamente sbigottito per la facilità con cui evitò il mio colpo.
“Muori!”
Tentò di affondare i suoi letali artigli nella mia schiena, ma ad un tratto, sentii qualcosa esplodere proprio alle mie spalle, facendo sbalzare sia me che Calien in direzioni diverse, cadendo rovinosamente sul terreno.
Nonostante il dolore, alzai lo sguardo, notando un ragazzo dalla carnagione scura che mi fissava con occhi freddi e distaccati; portava una lunga cappa grigria, con il simbolo degli Darksold sul petto; portava dei corti capelli biondi rasati ai lati, mentre in entrambe le orecchie portava due orecchini a forma di croce, che si muovevano in ogni direzione, forse per il vento che si era generato. I suoi occhi avevano uno strano colore celeste molto chiaro, che sembravano brillare di luce propria.
Ci misi un po’ a riconoscere quel ragazzo, dato che la mia vista era leggermente annebbiata per via del colpo; ma non appena tutto divenne più chiaro per me, riconobbi quell’arrogante espressione, un’espressione che mi dava ancor più fastidio del bastardo che intanto aveva perso i sensi dall’altra parte della stanza: Si trattava di Bahair.
“B-Bahair!” Dissi con voce stizzita, alzandomi lentamente da terra, non curante di tutte le cose che mi erano cadute per terra.
“Dimmi, sei forse impazzito, Rudolf?”
Non appena sentii quella sua voce fredda, tentai subito di rispondere, ma le parole mi si bloccarono in gola non appena Bahir mi fulminò con il suo sguardo quasi diabolico, avvicinandosi lentamente a me. Il colore strano dei suoi occhi rendeva il tutto ancora più terrificante ai miei occhi, non riuscendo a distoglierli il mio sguardo di dosso: avevo la sensazione che se avessi distolto anche per un secondo gli occhi di dosso, mi avrebbe ucciso. Tentai di indietreggiare, ma la paura che provavo per Bahair, era un qualcosa di molto simile a quella che provavo per Umarth: scappare non aveva per nulla senso.
Inaspettatamente, però, con la sua magia del vento raccolse tutte le mie cose, ricacciandole dentro la grossa borsa che avevo preparato, per poi darmi il sacco una volta che sistemò tutto il trambusto, mostrando per l’ennesima volta la sua abilità con la magia.
“…Vedi di non fare di nuovo una sciocchezza come questa, intesi?”
“S-Si…”
Bahair, dopo avermi squadrato per l’ultima volta, si girò verso Calien, fermandosi a pochi passi da lui.
“So che sei sveglio, Cal. smettila di far finta di essere svenuto, idiota” – disse Bahair, con voce calma, ma decisa – “Per questa volta, non dirò nulla a nostro padre, ma se vi vedrò lottare nuovamente tra di voi, vi ucciderò io stesso. Ora alzati, stai macchiando il nome del nostro Re.”
Calien si alzò immediatamente, facendo un piccolo inchino verso Bahir in segno di scuse, nonostante la sua espressione fosse visibilmente contrariata. Poi, si diresse verso di me, passandomi accanto senza dire una parola. Ma i suoi occhi, accecati di odio e di rabbia, mi avevano lanciato un messaggio: d’ora in poi, dovevo fare molta attenzione a quel bastardo, o sarei morto.
Quando alzai lo sguardo per cercare Bahair, mi resi conto che era sparito d’imprivviso, così com’era arrivato. Avrei dovuto fare attenzione anche a quel bastardo, che in un certo senso, mi ricordava molto quella feccia umana che mi aveva umiliato, dato che non riuscivo mai a capire cosa diavolo passasse per la testa di quel ragazzo: poteva benissimo tramare qualcosa senza che nessuno di noi comandanti potesse accorgersene, ed era dannatamente fastidioso per me, dato che escludendo Miriel, non mi potevo fidare di nessuno, nemmeno di me stesso.
Ma ora non avevo tempo per preoccuparmi di problemi futuri, dato che la missione più imprtante della mia vita mi stava aspettando. Mi pulii i vestiti che si erano sporcati nel trambusto, per poi dirigermi verso la scuderia, e nonostante odiassi l’odore ed il fumo che generavano queste vetture infernali, ero stanco di cavalcare e di stare vicino ad un qualsiasi cavallo dopo quanto successo, così ordinai a uno dei tanti autisti di portarmi verso sud, dove ad attendermi, c’era un’imbarcazione per il Regno degli orchi;
La mia vendetta era appena iniziata.
FINE CAPITOLO 7
CIAO A TUTTI! DI SOLITO NON METTO LE MIE NOTE PERSONALI, PERO’ SENTIVO IL BISOGNO DI FARLO: COME VEDETE, ERWIN, ELAINE ,RON E RUDOLF HANNO INIZIATO IL LORO VIAGGIO, OGNUNO CON UN’OBIETTIVO BEN PRECISO! D’ORA IN AVANTI, FINO ALLA FINE DELLA PRIMA SAGA DELLA MIA STORIA (QUINDI FINO AL CAPITOLO 45 CIRCA) LA STORIA SARA’ INCENTRATA QUASI INTERAMENTE SU ERWIN ED ELAINE, MENTRE IL VIAGGIO DI RUDOLF, RITORNERA’ SOLO VERSO LA FINE DI QUESTA SAGA, ANDANDO A COLLEGARSI CON LA STORIA PRINCIPALE DEI PROTAGONISTI.
PER QUANTO RIGUARDA RON, APPARIRA NEL SECONDO ARCO NARRATIVO CHE STO ANCORA SVILUPPANDO.
STA DI FATTO CHE VOGLIO CHE TENIATE IN MENTE IL FATTO CHE QUESTA SAGA RUOTA INTORNO AGLI ELFI ED A ELAINE, E CHE QUINDI TUTTO HA UN SUO PERCHE’. BUONA POMERIGGIO!