Appena fuggito dal palazzo, Atlantide ordina di mobilitare l’intero esercito e tutte le astronavi, compresa l’ammiraglia, la Divina Libertà. Dalla plancia dell’ammiraglia, viene inviato un messaggio criptato a tutti i governi con l’ordine di radunare le loro astronavi madri e di incontrarsi al “valico dei mondi” insieme alla flotta imperiale. Dopo l’invio del messaggio, viene dato l’ordine di decollo immediato verso la destinazione “U14DYPEO”.
Nel frattempo, sul pianeta del Grande Tempio, il vero sommo sacerdote osserva, ma non agisce, poiché sa che senza un ordine preciso non può agire. Sa che le somme fenici non nascondono nulla al sommo sacerdote, quindi il loro silenzio è interpretato come il loro volere.
A bordo dell’astronave non vi erano solo gli abitanti della cittadella, ma anche dottori, scienziati, storici, istruttori, nobili, principi, principesse e maghi che erano arrivati da ogni parte dell’impero per l’anniversario di matrimonio dell’imperatore e di sua moglie Athena. Questi ultimi erano saliti a bordo due giorni prima della tragedia, ignari degli ultimi avvenimenti. Quando vennero a conoscenza di quanto accaduto, rimasero senza parole, poiché nessuno avrebbe mai immaginato che quell’anniversario e quel giorno non sarebbero mai avvenuti.
Due giorni di navigazione nella mente di Atlantide sono seguiti dai ricordi dell’amato imperatore. Secondo l’ultimo ordine dell’imperatore, vi è una dimensione in cui non esiste potere sovrannaturale, chiamata Dimensione Yota, situata nel quattordicesimo universo e accessibile attraverso un piccolo pianeta che funge da gate. In questa dimensione, l’unico pianeta abitabile è il terzo pianeta di un sistema stellare binario con due soli, uno giallo e una nana bruna, che ha circa quattordici pianeti e dodici lune che orbitano tra di loro.
Mentre pensava a cosa fare, andò nello studio privato dell’imperatore, dove erano raccolti tutti i verbali delle imprese e operazioni che l’imperatore aveva compiuto da giovane per unire tutti i 19 miliardi di universi. Davanti a lui c’era una cabina vuota e grigia, entrò con passo felpato per non modificare nulla e mantenere intatta l’ultima visita del suo re. Prese delicatamente uno dei suoi registri e cercò, quasi con timore, ogni informazione riguardante il percorso da fare per arrivare al luogo che l’imperatore gli aveva indicato prima di morire.
Di solito, per indicare una destinazione si usavano sempre le coordinate imperiali e la sigla criptata indicava come destina-zione: U14=Universo 14, DY=Dimensione Yota, PEO=Pianeta Eden One.
Dopo alcune ore di studio, decise di radunare i guardiani sopravvissuti della capitale. Al termine della giornata, si riuni-rono tutti nella sala del trono. Come accadeva a Atlantide, fu duro per tutti vedere i tre troni vuoti, sia per i guerrieri sia per il comandante a capo dell’equipaggio dell’astronave, il primo ministro della guerra e il Grand’Ammiraglio Dioniso II.
Dioniso era figlio adottivo del principe Shion e discepolo dell’imperatore, suo vero padre. Argeus Mefil fu il primo a comandare l’astronave e quando morì, poiché non aveva altri parenti, fu adottato dal principe Shion. Dioniso era anche superiore del Grand’Ammiraglio dell’esercito imperiale, Kazuto Yourici. Indossava un abito azzurro con controspalline di rubino ed oro zecchino che raffiguravano un sole rosso e tre lune d’oro. La giacca e i pantaloni avevano bordi rossi e bottoni d’oro, sul retro vi era il suo stemma.
La sala del trono si trovava al 150° ponte e presentava una forma rettangolare decorata con affreschi, dipinti e molteplici ornamenti d’oro. Al centro si trovava un baldacchino d’oro con tre troni sotto di esso, posizionati come segue: al centro, l’imperatore; alla sua destra, l’imperatrice e somma sacerdotessa dell’impero; alla sua sinistra, il sommo sacerdote. La stessa disposizione si ritrovava anche nella sala del trono del palazzo di cristallo.
Una volta entrati nella sala, tutti si sedettero attorno al grande tavolo che si trovava al di là del baldacchino.
Al centro del tavolo, invece dell’imperatore, c’era il Grand’Ammiraglio Dioniso II, seguito da Atlantide, Tiamat e tutti i guardiani sopravvissuti. La stanza delle riunioni era situata dietro al baldacchino in una zona separata e insonorizzata. L’ingresso era protetto da un grande arazzo che copriva la parete dietro al baldacchino e che nascondeva l’ingresso stesso.
Il silenzio regnava sovrano nella sala, tanto intenso che nessuno osava romperlo. Troppi ricordi dolorosi aleggiavano nella mente di tutti, rendendo impossibile interrompere quel silenzio assordante.
L’Ammiraglio poi si fece coraggio e chiese:
“Dov’è il resto dei quattro? Sebastian, Aldebaran, Hermes ed Elios?”
“Grand’Ammiraglio, siamo spiacenti. Sono morti nella difesa dell’imperatore e i loro corpi sono stati distrutti nell’incendio del palazzo imperiale”, rispose Alcor.
“Non posso credere a ciò che mi state dicendo. Nella sala del trono c’era anche mio figlio, Dioniso III, il tredicesimo guardiano. Cosa gli è accaduto? Per favore, ditemelo!” chiese l’Ammiraglio.
“Non abbiamo visto il suo corpo, ma la sua armatura era coperta di sangue e accanto c’era il suo anello, simbolo della sua nomina come guardiano”, rispose Atlantide.
“Prima di partire, abbiamo raccolto i loro anelli e li abbiamo portati con noi su questa astronave”, concluse Demetrio.
Il silenzio scese di nuovo, straziante come prima. L’Ammiraglio era sconvolto. Poi riprese:
“Bene, adesso torniamo al presente. Come possiamo fermare Diòrtane?”
“L’imperatore ci ha detto, prima di morire, di raggiungere il pianeta Eden One nella dimensione Yota, accessibile dal quattordicesimo universo”, rispose Atlantide.
“Bene, dopo questa riunione informerò il comandante di preparare il viaggio e di radunare tutti noi per discutere di questo con il comandante”, disse l’Ammiraglio.
“Chi di voi sarà il Sommo Sacerdote adesso?” chiese l’Ammiraglio.
“Senza dubbio il guardiano della nona porta, Atlantide. Già una volta è stato eletto Sommo Sacerdote”, rispose Alcor.
“Allora sia Atlantide a ricoprire questo ruolo”, confermò l’Ammiraglio.
“Obbedisco”, disse Atlantide.
“Nessuna esitazione, Atlantide?”, chiese l’Ammiraglio.
“No, dobbiamo fare questo e non possiamo perdere tempo in discussioni inutili”, rispose Atlantide.
“Siamo tutti d’accordo! Andiamo verso il nostro obiettivo finale, uniti per la vittoria!”, conclusero tutti.
Mentre stavano per uscire dalla sala, improvvisamente la massiccia porta si spalanca e il principe Shion entra, furioso ma con il suo solito modo pacato e distinto. Non era molto alto, ma aveva un portamento regale secondo solo a quello dell’Imperatore. Si fermò vicino al tavolo e disse:
“Finché questa situazione non sarà risolta, la sede imperiale su Sion deve essere considerata illegale. Eleggeremo un nuovo sovrano dopo il grande e supremo Chaos NoGheminis. Siete d’accordo con me?”
Tutti risposero insieme: “Sì! Siamo d’accordo. Solo così potremo dichiarare il dominio di vostro fratello, Diòrtane, come illegale e di conseguenza come alto traditore dell’impero e assassino dei suoi genitori”.
“Ma chi possiamo eleggere?” chiese il grand’Ammiraglio.
“Il sommo Urano del quarto universo!” risposero tutti insieme.
“Sono d’accordo. Ma fino ad allora, sarai tu a ricoprire ogni ruolo militare e strategico,” disse il grand’Ammiraglio.
“Sta bene! Ora dirigiamoci alle Pleiadi! Dobbiamo incontrare la regina Oriana!” concluse il principe.
La riunione si concluse e tutti tornarono alle loro attività. Ma in seguito un’altra presenza giunse sulla nave. Atlantide, Dioniso e il comandante della nave cominciarono una seconda riunione per decidere la rotta più breve per raggiungere il quattordicesimo universo.
“Secondo i dati, dobbiamo uscire dalla dimensione astrale e dirigerci a est verso il tempio delle Pleiadi, quindi direttamente al pianeta portale Il Valico dei Mondi,” disse Atlantide.
“Hai capito Yuto? Mettiti al lavoro e fammi sapere come è suddiviso il tragitto,” ordinò il grand’Ammiraglio.
“Avete finito?” domandò una voce.
“Chi è? Chi osa introdursi su questa astronave?” replicò il grand’Ammiraglio.
“Come avete fatto a ingannare i sistemi di difesa?” chiese Atlantide.
“Nulla è impossibile per me!” disse la fiamma rossa.
“Nemmeno tu mi riconosci, Atlantide?” chiese la fiamma.
“Non è possibile. Siete…?” domandò Atlantide.
Riconosci anche tu la mia voce, Atlantide? La fiamma chiese.
“Non siete mai cambiati, nessuno escluso. Mi riconoscete, Atlantide?” La fiamma continuò.
“Come potrei non farlo? Sebbene siano anni che non sei più tra noi” rispose Atlantide.
“Chi è questa persona, Atlantide?” Il grande Ammiraglio domandò.
“Chi può essere se non il mio predecessore come sommo sacerdote?” Confermò Atlantide.
“Il vostro predecessore?” Il grande Ammiraglio chiese ancora.
“Non può essere, voi siete Altair II?” Il grande Ammiraglio chiese alla fiamma.
“Sì, Dioniso, anche se non nel mio corpo originale, solo in forma spirituale, resto sempre me stesso.” Altair II rispose.
“Ma come fate a sembrare così giovane quando eravate molto anziano?” Atlantide e il grande Ammiraglio chiesero insieme.
“A Loro è possibile tutto, ma prima di parlare di me o di chi mi ha inviato qui, per un breve periodo tornerò in vita e sarò il vostro consigliere più esperto”, disse Altair II.
E così, dalla luce apparve la figura di Altair II. La sua statura ricordava quella di Altair, ma i suoi lineamenti erano diversi e così anche la sua veste sacerdotale. Aveva capelli rossi lun-ghi, un occhio verde e l’altro azzurro come il cielo. Un bel pizzetto rosso ben curato e una veste sacerdotale rossa con mantello, cintura e stole bianche. Indossava un anello sacerdotale, due braccialetti d’oro e un medaglione con le due sacre fenicie. La sua veste era ornata di ricami floreali di lavanda, e l’odore di lavanda lo circondava.
“È un miracolo!” Il grande Ammiraglio esclamò.
“Altair II, mio maestro!” Atlantide si inginocchiò al suo cospetto.
“Figliolo mio, venite con me nella sala del trono, voglio parlarvi in privato”, disse il sommo Altair II.
“Come desiderate, maestro!”, rispose Atlantide.
Il sommo sacerdote e il grand’Ammiraglio seguirono il precedente sommo sacerdote nella sala del trono. Con naturalezza, il precedessore si sedette sul trono del sommo sacerdote. Ciò che discusse con loro rimane un segreto. Poi, annunciò:
Ora devo riposare, ma se avrete bisogno di me, chiamatemi subito.
Con una scintilla di determinazione negli occhi, Atlantide completò le sue mansioni insieme agli altri. Ma non poté resistere alla tentazione di esplorare l’astronave. Guidato da un potere superiore, scoprì una zona segreta, ignota persino all’equipaggio. Non sapeva come avesse fatto ad arrivarci, ma vedere il simbolo del suo imperatore lo spinse ad aprire la porta. Nel buio pesto, intravedeva una console in lontananza. Con curiosità, la toccò con la mano e la console si accese improvvisamente, sigillando automaticamente la porta dietro di lui. Nel buio che lo circondava, una luce si accese, rivelando una capsula di ibernazione che racchiudeva un uomo.
“Impossibile, è sepolto qui?” esclamò Atlantide, sbalordito.
All’improvviso, un ologramma si materializzò davanti a lui e la voce che risuonò era quella dell’imperatore Chaos da giovane.
“Sei tu, Atlantide?”
“Sì, mio signore, sono io!” rispose Atlantide, stupito.
Così iniziò un dialogo tra Chaos e Atlantide.
“Vedo che hai attivato la cripta segreta. Ben fatto, allora il Tiranno è nato!”
“Se vi riferite a vostro figlio, Diòrtane, allora sì.”
“Non so chi sia il Tiranno, ma so che sarà un membro della famiglia imperiale. Ascolta attentamente ciò che ho da dirti.”
“Sì, mio signore.”
“Devi sapere, Atlantide, che io non sono il vero primogenito. Anche se ho finto di esserlo per nascondere mio fratello maggiore e gemello.”
“Cosa? Fratello maggiore? Fratello gemello?”
“Sì, Atlantide. Il vero primogenito è mio fratello maggiore, Gemini II NoGheminis.”
“Davvero?”
“Sì. Ho tre fratelli minori, ma tutti ignorano che io sono solo il secondogenito. Gemini fu assassinato durante un viaggio diplomatico nel quinto universo.”
“È morto?”
“No, lo salvai, ma io e mio padre nascondemmo la sua esistenza e chiedemmo al popolo di Sion di non tramandare la sua memoria per evitare ulteriori attentati alla nostra famiglia.”
“Allora è vivo?”, esclamò Atlantide.
“La vita è tornata a scorrere nelle vene di quel corpo ferito. Io e Efesto lo abbiamo salvato, curato e poi congelato in una cripta accessibile solo a chi era degno del mio nome. Ho registrato il tuo nome, in modo che tu sia il messaggero delle mie ultime volontà se mai mi fosse accaduto qualcosa. Sì, prima o poi si risveglierà e devi essere pronto a farlo conoscere il mondo che lo circonda. Durante il suo ibernamento, gli ho trasmesso i miei ricordi attraver-so un dispositivo speciale”, rispose Chaos.
Atlantide osservava il corpo del fratello maggiore di Chaos. Era giovane e identico a lui. Pochi giorni prima del loro arrivo alle Pleiadi, Atlantide tornò alla cripta per un’ultima visita.
Ma la capsula era vuota e al suo posto c’era Gemini, che stava esaminando alcuni file lasciati dal fratello minore. Quando entrò nella cripta, la porta si chiuse ermeticamente dietro di lui.
“Sei tu, Atlantide?” chiese Gemini con coraggio.
“Sì, sono Atlantide, vostra altezza,” rispose l’altro senza esitare.
“Ho appena esaminato alcuni dati che mio fratello minore mi ha lasciato. Non devi spiegarmi nulla, ho visto tutto. Sono stato risvegliato dalle fenici gemelle della creazione, che mi hanno già spiegato tutto. Trattami normalmente,” continuò Gemini.
“Stiamo arrivando al santuario delle Pleiadi. Verrete anche voi?”, domandò Atlantide.
“No, ma alla fine mi presenterò a tutti voi. Non temete,” rispose Gemini
“Volete dei vestiti?” chiese Atlantide
“Non vedi che sono già vestito?” rispose l’altro con un sorriso.
“Verrai così al funerale di tuo fratello Chaos e sua moglie Athena?”, domandò Atlantide.
“Ho i miei abiti qui nella cripta.” Confermò Gemini.
Sarà una sorpresa immensa,” rispose Atlantide con una nota di mistero nella voce.
“Adesso torna alle tue mansioni e fingi di non avermi mai incontrato. Va bene?” disse Gemini.
“Come ordinate, grande Gemini,” rispose Atlantide prima di lasciare la cripta.
Atlantide lasciò la cripta, con molte domande in mente, ma sapeva che se le gemelle Fenici sarebbero state lì, sarebbe stato un evento importante. Tornò quindi alle sue stanze e riprese le sue attività. Nel frattempo, Gemini stava esaminando ogni documento lasciatogli dal fratello e, grazie ai dispositivi progettati da Chaos per lui, stava gradualmente recuperando la sua piena mobilità e le sue energie. Ogni sera, le sacre Fenici lo visitavano e lo preparavano per la sua apparizione pubblica, e lo addestravano anche all’uso di una nuova armatura concepita per sfruttare al meglio le sue abilità e punti di forza.
Con il passare dei giorni, il giorno fatidico si avvicinava sempre di più, e sia Atlantide che Gemini aspettavano con ansia e trepidazione.
“Fratello, la situazione non è facile, il fardello che mi hai affidato sarà molto pesante, ma lo porterò finché potrò. Tuttavia, vedo che c’è molto lavoro da fare, e spero soltanto di riuscire a fermarlo.”
Quando aveva tempo libero, Gemini meditava con intensità, sviluppando capacità superiori anche rispetto a quelle di Chaos.
Dopotutto, il legame di sangue è molto importante, e soprattutto, il legame tra due gemelli, buoni o cattivi che siano, è eterno e indissolubile, persino oltre la morte.
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Cosa accadrà a Gemini alla sua riapparizione pubblica? Riuscirò ad affrontare il suo fardello? E, soprattutto, quali saranno le conseguenze di tutto ciò? Per scoprirlo, non resta che aspettare il prossimo capitolo.