Arvin stava camminando, verso il sentiero boscoso di Gefath. Non era molto illuminato, ma con una torcia poteva intravedere qualcosa, che insieme alla luna piena, poteva risultare un po’ più visibile, lontano dall’ombra. Non sapeva in realtà perché si trovava in quel momento in quel luogo, né come ci era arrivato. Ma stava seguendo qualcosa, qualcosa che lo avrebbe portato nel posto, in qualche modo indicato. Mentre percorreva quella strada, intravide creature al quanto particolari. Non appartenevano a questo mondo, ne era pur certo. Quelle creature le sembravano non per niente benevole, e non si poteva neanche capire di che tipo erano. Tuttavia, quando sembrava che quando “adocchiavano” Arvin, si fermavano per un secondo, poi volteggiando, iniziavano a prendere sempre una stessa direzione nel bosco. Così Arvin, arrivato dove volevano che lo portassero, arrivò vicino a un vecchio molo in un laghetto. Seguii poi un suono robotizzato, e un’intensa luce, al di là del lago, che si fece sempre più intensa, finché Arvin non poté che rimanerne quasi accecato.
Arvin si svegliò, con gli avambracci che gli coprivano il viso, come a proteggersi. La luce entrò prepotentemente dalla finestra. Era un altro giorno d’estate, un altro giorno intrappolato a Gefath, senza un modo per evadere dal caldo soffocante. Quando Arvin fece mente locale del sogno, intuii dove il sogno lo aveva portato. Era la strada della foresta diretta alla villa stregata. Tuttavia, Arvin aveva ben altro a cui pensare. Doveva trovare al più presto un lavoro, per mettersi i soldi da parte e andare con i suoi amici lontano dalla città. Era pur sempre estate, e voleva evadere da quella morbosa città infestata dal caldo cocente.
Anche se Gefath era molto graziosa, le mura in pietra del centro storico intrappolavano un calore talvolta eccessivo, come se ad essere intrappolata nel centro della città ci fosse il sole stesso. Arvin però dovette passare da lì, perchè proprio lì c’erano gli annunci di lavoro appesi in una bacheca. Così ci andò e iniziò a scorrere su ciò che c’era scritto. A quanto pare cercavano qualcuno da far appendere dei poster raffiguranti un evento importante che doveva esserci a breve. Era uno spettacolo di magia! Così Arvin mise la sua firma nel registro di suo interesse, dopodiché se ne andò.
Quando andò per la strada che lo avrebbe portato da Jukio e Bec, pensò di passare vicino al sentiero che lo avrebbe portato verso la strada per la villa stregata. Sapeva che i sogni erano sogni, e la realtà era..beh, quella di tutti i giorni. Ma Arvin voleva mettere fine a quei sogni una volta per tutte, che da tempo lo ingabbiavano in una nube di malinconia e senso di inquietudine. Cosicché scelse per andare vicino al sentiero.
Arvin arrivò a destinazione. Quel punto sconosciuto agli occhi di tutti era sempre molto silenzioso, a parte il vento che soffiava negli arbusti verdi e nei pini aldilà delle colline, sopraffatti da una nebbia un po’ fitta. Arvin cercò di ricordare dove nel sogno era diretto per orientarsi. Iniziò a percorrere quel veicolo cautamente…in effetti sembrava che non ci passava più nessuno lì da molto tempo. Ad un tratto, la piccola via sembrò iniziare a muoversi da sola. Il terreno si stava muovendo, come una specie di scossa. Arvin iniziò ad essere confuso, tentennò per un momento come a voler bloccare quel terremoto, ma tornò indietro. Quando arrivò da dove era partito, tutto si fermò…tutto era di nuovo come prima, come se un istante prima era incastonato in una bolla invisibile, lontanissimo da dove si trovava adesso.
Quando Arvin tornò indietro per incontrarsi alla tavola calda dai suoi amici, si sentii sempre più sconvolto da quello che era successo. Non era la prima volta che eventi inspiegabili, nella realtà, si rivelavano simili a quelli che succedevano nei suoi sogni. Ma tutto questo lui non lo diceva mai a nessuno. Sentiva che qualcuno, qualcosa, lo stava contattando o mettendo in guardia. Qualcuno, che non poteva vedere per il momento, e che di certo non lo avrebbe incontrato in giro come un normale cittadino.