Capitolo quattro
Usciamo fuori dal locale e subito un ronzio assordante ci accoglie un gigantesco, alzo la testa, un elicottero vola sulle nostre teste e alza nubi di polvere. Il sole è tramontato ma a illuminarci c’è la luce intensa dei fari dell’uccello di ferro.
«Cazzo, sono già qui? Come è successo? Sarà stata la telefonata? Merda, merda.» Saro sembra preoccupato, la sua voce sta tornando umana. «Sidora.» Mi guarda. «Montami in groppa.»
Resto perplessa, pietrificata, tutte queste cose che stanno succedendo non riesco a capire più nulla.
«Ah.» Sbuffa. «Almeno tieniti forte.» Mi lascia la mano, si morde nuovamente il polso. Salta sopra di me superandomi con un backflip e si ritrova dietro di me, si stende a terra, come se volesse fare un pusch up, avanza a gattoni e infila la testa fra le mie gambe. Con un colpo di collo mi lancia in aria. I suoi muscoli iniziano a pompare e il suo fisico torna a essere lupesco. Un ululato mi scuote i pensieri.
Io sono in aria, saranno tre o quattro metri dalla strada, è come se il tempo si sia fermato, sento il ronzare delle ali dell’elicottero, ma sono lente, sembrano l’elica di un ventilatore al muro che si sta spegnendo, mia nonna ne aveva uno enorme che copriva tutta la sala da pranzo, era enorme.
«Aggrappati.» La voce di Saro fa sbloccare il tempo, precipito rapidamente, lo spazio sotto di me crolla in un istante e cado col culo sulla schiena di Saro. Ma non mi faccio niente, è morbida, soffice. «Afferrami il collo, ma non tirarmi i peli.» Mi avverte con la sua voce ritornata mostruosa.
Faccio un cenno con la testa e passo le mani intorno alla sua nuca, non applico troppa pressione, non voglio fargli male, è normale pensare una cosa del genere? Cioè è diventato un lupo, ho assistito a un massacro, c’è un fottuto elicottero che ci punta i fari addosso. C-cosa devo pensare?
L’aria si increspa, un ululato sfonda le mie orecchie, il mio busto vola all’indietro, solo una mano riesce ad aggrapparsi alla pelliccia di Saro. La stringe forte.
Le luci dei lampioni saettano davanti ai miei occhi, quanto veloci stiamo andando? È come quando sono andata con papà in Calabria e di notte correvamo con la macchina in autostrada, le luci sono sfocate allo stesso modo… se siamo a cento trenta manca solo Martin Garrix con Animals.
Conficco l’avambraccio sulla pelle di Saro, faccio leva con il braccio e cerco di riassestarmi, non voglio cadere. Sono sicura che morirei se lo facessi. Riesco a poggiare l’altro braccio sulla sua nuca, lo stringo ancora più forte, attorciglio le dita intorno ai peli di Saro fino a toccare la pelle. Così non dovrei cadere. Credo.
Con la testa spingo il mio peso in avanti, il mio petto segue i suoi movimenti; sono completamente stesa sulla schiena di Saro, non è gigante, credo sia due volte me ed è così morbido, mi ricorda il mio bel lettino, lasciato a casa, solo soletto, con il mio bel cuscino rosa. Pensare a lui mi rilassa, però non è ancora il momento di lasciarmi andare.
Continuiamo a correre, a volare sulla asfalto, vedo a malapena la gente, chissà se loro riescono a vederci? Saro schiva tutte le macchine che ci sono, ha dei riflessi inumani. Non riesco a tenere gli occhi aperti, il vento soffia troppo forte. Questa è la velocità di un lupo…
«Siamo abbastanza lontani. Riposiamoci per qualche minuto.» Resto in silenzio, immobile, seduta a terra con le gambe incrociate, non so cosa dire, dovrei dire qualcosa? Guardo Saro, ha la schiena gremita di sangue, quanti proiettili lo hanno ferito? Non riesco a contare i buchi, sono troppi, ho perso il conto già tre vo-
Mi fissa.
«Allora, non hai niente da chiedermi?» Ecco la domanda che non volevo ma che sapevo dovesse arrivare prima o poi, dovrei dirgli ciò che penso? Il problema è che non riesco a pensare, o meglio, ho così tante cose per la testa che formulare delle domande mi è impossibile.
«No.»
«Bene, perché ti devo dire una cosa io.» Il ragazzo si infila entrambi i pollici in bocca prima di serrarla intorno a loro, prende fiato col naso, riempie i polmoni e soffia. Con estrema lentezza i proiettili escono dalla sua schiena, la pelle li respinge e li lascia cadere a terra. Un mucchio di ferro tocca i suoi talloni, ma quanti sono? È davvero buio, e quei cosi sono piccolissimi, ma credo siano più di trenta. Sono incredula, ma come ha fatto? Non è che ha mangiato il frutto Gom Gom? Questo spiegherebbe tutto.
«Mi spieghi una cosa?» Si volta verso di me, i suoi capelli, lunghi fino alle spalle lo precedono, senza cappello e completo sembra un’altra persona.
«Dimmi.»
«Se ti ho detto di non tirare i peli, perché cazzo lo hai fatto? Guarda.» Si avvicina a me, è sempre nudo e questa cosa inizia a infastidirmi. «Guarda qua, mi hai strappato via la pelle, se non lo sai, i peli sono attaccati al corpo e quando vengono tirati la pelle li segue fino a staccarsi.» Ha ragione, alla base del collo c’è un’abrasione enorme ma… come fa… come cazzo fa a parlare in maniera così spensierata? Non si è accorto che sono morte delle persone? Non si è accorto che Amanda è morta? Non ha capito che potevamo morire anche noi?
«Come fai…» Mugugno, mi lamento. Non sono arrabbiata, in realtà non capisco cosa sto provando.
Saro sorride, poi mi guarda: «Sai, prima ti ho detto che i miei sono morti tempo fa.» Anche lui si siede vicino a me, incrocia le gambe.
«Sì, me lo ricordo.» Ma cosa c’entra adesso? Vuole cambiare di novo discorso? I suoi genitori sono più importanti di Amanda? Più importanti di quelle persone? Vuole dirmi che ha sofferto più di tutti? Beh, anche io-
«Non ti ho detto un particolare.» Metto a tacere i miei pensieri per un secondo. Devo smettere di ascoltare per rispondere. Saro fissa le sue mani, le gira e le rigira, hanno ancora qualche rimando mostruoso, ruota la testa, lentamente, verso di me. Sorride.
«Li ho uccisi io, con queste mani. Mi sono trasformato e-.» Si ferma, sfrega le unghie della mano destra prima di conficcarsele nel petto. Un torrente di sangue inizia a sgorgare. Che cazzo sta facendo? Saro?
«Saro…» Non ho capito un cazzo, come al solito penso troppo e anche sbagliato. Non capisco mai le emozioni delle altre persone. «…Non fare così, ti capi-» Che stupida che sono, come posso dire una cosa del genere? Io non posso capirlo, non lo capirò mai. Io non ho mai ucciso nessuno, sarebbe da ipocriti dirgli-
Anche l’altra mano di Saro sfrega le unghie, il suo braccio si flette, carica il colpo, lo sferra.
Dal mio fianco sboccia una cascata di sangue, cade veloce sui miei vestiti.
«Sidora!»
«Guarda un po’ mi hai preso in pieno. Non è stata una grande idea, pensavo di incassare meglio.» Dico cercando di sorridere, sento il sangue risalire nella gola e rigirarsi nella mia bocca. «Non sono brava a parlare in queste situazioni e ho pensato che agire fosse me-» Il sapore del sangue è così strano, lo adoro. Mi accascio su di lui, con le ultime forze che ho avvolgo le mie mani attorno al suo collo, il mio corpo bacia il suo, sto svenendo? Adesso? Ho un buco nel fianco, morirò? Ma pensiamo ad altro.
Sono nel bosco, abbracciata a un uomo nudo.
Me lo sarei mai aspettata?
Sì, ma non così, mai così. Sento le mie labbra sorridere.
Vedo il sorriso di Saro, è così bello, sembra una scia d’argento.
«Che stupida che sei…»