HARD LAW

LA DURA LEGGE DIETRO LE SBARRE

La criminalità giovanile dilaga come la peste. Sempre più ragazzi e ragazze nel mondo si danno alla violenza, al bullismo, ai furti e alle rapine, finanche agli omicidi. Ai minorenni, tali crimini, quelli meno gravi, venivano perdonati con pene più lievi. Ora non è più così.

In Giappone è da poco nato il primo sistema carcerario autonomo di massima sicurezza per minori di ogni sesso: Hadoraifu Keimusho. Qui i criminali vengono gettati ad assaporare la dura legge che vige tra quelli della loro specie. È un sistema sperimentale in fase di test.

PARTE 1

LA DURA LEGGE DIETRO LE SBARRE

Capitolo 1

Detenuto: 666

Nome: Akumadon

Cognome: Kuraiman

Sesso: M

Età: 15

Altezza: 1,69

Capelli: biondi

Occhi: rosso chiaro

Segni particolari: nessuno

Crimini: furto, vandalismo, violenza domestica

Comportamento: atteggiamento minaccioso, ostico e scontroso nei confronti della legge e degli adulti, non aggressivo, da tenere sotto controllo

Pena: reclusione a tempo indeterminato

«Benvenuto nella tua nuova casa, stronzetto. Presto rimpiangerai quella vecchia, e ti pentirai delle tue malefatte, chiedendoti perché non ti sei comportato meglio in libertà. Ah ah ah!»

Il ragazzo viene sbattuto all’interno del perimetro mezzano, con un calcio dritto nel sedere. Questo lo irrita non poco, non è un tipo particolarmente restio al rimanere al proprio posto. L’occhiataccia che getta alla guardia del perimetro esterno non fa altro che divertire ancora di più l’uomo.

La prassi preliminare della sua incarcerazione è durata parecchio: prima di tutto è stato spogliato di ogni suo avere, poi lavato con un possente getto d’acqua gelata con l’idrante, vestito con la tenuta estiva da galeotto, infine fotografato e schedato, anche le sue impronte digitali sono state scannerizzate nell’archivio informatico.

Adesso deve attraversare il perimetro intermedio tra le due mura del carcere. Esso è composto dalle mura esterne e quelle interne, dentro il quale vive la popolazione di giovani delinquenti raccattati da tutto il paese. Il ragazzo si avvicina al cancello interno con occhi carichi di disprezzo per il mondo intero. Le guardie che lo scortano o non lo degnano del minimo interesse o se la ridono sotto i baffi.

Proprio dinanzi all’enorme porta, un grosso secondino gli si para davanti. Fissa attentamente il ragazzo, dritto negli occhi, ne scruta l’ira contenuta che prova. «Sei un tipetto tosto, vero? Piccolo pisciasotto. Credi di essere un duro?» Gli si avvicina muso a muso. «Non vali un cazzo. Sei la solita mezza calzetta. Scommetto che piangerai nel giro di uno o due giorni.»

Il tentativo di intimidazione non sembra valere sul giovane, che con aria disgustata allontana il naso dalla bocca dell’uomo. «Spero che questo posto di merda non puzzi come il tuo alito, bestione.»

La risposta giunge fulminea: una manganellata in pieno stomaco che piega su sé stesso il giovanotto, poi una seconda manganellata nella schiena lo sdraia a terra.

Il secondino lo calpesta con la suola dello scarpone. «Imparerai presto che qui, in molte occasioni, è meglio tacere, se vuoi uscirne intero.» Il ragazzo si rialza in posizione supina. «Io sono Ootamoshi. Imprimiti bene questo nome nelle cervella, perché sono uno dei pochi addetti alla vostra sorveglianza fisica. Qui, noi non interveniamo in alcunché nella vostra vita all’interno, se non per piccole quisquilie. Per il resto, oltre questo cancello, troverai un regno di caos, in cui dovrai sopravvivere da te.»

Ma che razza di posto è mai questo? Lo sta dipingendo come l’inferno. E poi, che significa che non intervengono? Pensa il giovane.

Intanto il cancello comincia ad aprirsi, lentamente, con pesantezza.

Il secondino, senza troppo dilungarsi, alza di peso il ragazzo per il colletto, come farebbe un mostro dalla forza sovrumana. «Benvenuto al Hadoraifu Keimusho, piccolo ratto schifoso.» Lo lancia all’interno come una palla da baseball. «HA HA HA!!!»

Atterra così di faccia, dritto nel terreno. Akumadon scoprirà presto cosa significa vivere all’inferno.

Quando rialza lo sguardo, ciò che vede è l’enorme cortile interno principale, sul cui sfondo si stagliano gli edifici interni che ospitano la popolazione.

Con il cancello chiuso alle sue spalle, comincia ad addentrarsi. Da subito studia la situazione, non perde un solo secondo. Decine sono gli sguardi che lo fulminano, decine sono i coetanei che o deridono, o minacciano con gli occhi, o ignorano il nuovo arrivato. Akumadon non si lascia intimidire da nessuno, attraversa i figuri con disinvoltura, esprimendo a sua volta una faccia rancorosa, dura.

I soliti che cercano di spaventare il novellino. Se pensano di intimorirmi si sbagliano di grosso.

Devono avere tutti, chi più chi meno, la sua stessa età. Quelli più grossi, e dall’aspetto più cattivo, non scendono al di sotto dei diciotto anni circa. Seguono il ragazzino biondo con lo sguardo di un lupo affamato. Ma lui ricambia a sua volta con un mix di animosità e grinta da attaccabrighe. Sa come funzionano certe cose, in lui cercano di scoprire un atteggiamento da agnello, una probabile vittima di soprusi e sottomissioni. Akumadon non è mai stato questo tipo, e lo darà a vedere in ogni modo possibile, lì dentro, con qualunque mezzo necessario.

I ragazzi più adulti sono riuniti in comitive e cerchie ben ristrette, magari assistiti da qualche scaltro losco più giovane e debole: un metodo per servire non come schiavo ma come sgherro. Essi sono evidentemente membri della gerarchia più elevata della prigione. Sicuramente si sono imposti come “quelli che comandano, o a cui dover portare rispetto”.

Per contro, quelli più anonimi, di gradini al di sotto di loro in questa gerarchia, tutti ben distanti da questi, sono visibilmente giovani bersagli da sottomettere. Quattordicenni, quindicenni, anche sedicenni, qualcuno addirittura tredicenne. Questi ultimi si nascondono, cercando di non attirare l’attenzione. Tra di essi, molto sulle loro, anche gruppi di ragazze.

Penso di essermi già fatto un’idea della situazione qui dentro. È un covo di serpenti. Se anche un solo coglione prova ad infastidirmi lo faccio a pezzi.

Akumadon non manca di studiare la sorveglianza. Non c’è una sola guardia all’interno del cortile, neanche sopra le passerelle delle mura, alte venti metri almeno. Le molteplici telecamere sono gli unici occhi puntati sulla popolazione carceraria. Apparentemente non lasciano un angolo cieco.

Ma come è possibile? Non c’è un solo uomo a sorvegliarci? Sì, ci sono le telecamere, ma… almeno appostati sulle torri di vedetta, o sulle mura, non dovrebbero esserci? E davvero non c’è n’è uno nemmeno tra di noi, qui all’interno?

La situazione comincia a farsi più chiara, anche se il ragazzo ancora non immagina la profonda realtà. Le parole del secondino e la fama esterna di questo carcere sembrano trovare fondamento. I ragazzi sono veramente abbandonati a loro stessi, a vivere fra loro in autonomia.

Da ciò inizia a comprendere la struttura. Ai bordi del cortile interno si dirama una sorta di baraccopoli, composta da baracche fatiscenti. Ognuna di esse ospita venti celle singole, senza letti e per gabinetti dei fori nel pavimento, da cui risale un olezzo insopportabile. È chiaro come queste baracche siano state erette successivamente al sovrappopolamento della prigione, stimata per meno persone di quante ce ne siano attualmente. Questo si capisce anche dal resto degli edifici.

I bracci principali, suddivisi negli edifici centrali, vedono un classico sistema di celle su più piani. Queste celle sono più pulite, hanno letti con materassi, gabinetti veri, sedie e tavolini. Di sicuro questi erano i progetti originari per l’internamento dei carcerati, accuratamente studiati per concedere un minimo di dignità e comfort.

Bene, ho capito tutto. Beh, di certo non alloggerò in quello schifo di baracche. Non ci sto minimamente a dormire in quei letamai.

Non è da Akumadon rinunciare a quello che pensa gli spetti. Non gli interessa, per ora, continuare l’esplorazione della struttura. È da subito pronto a mettere in chiaro chi lui sia e come bisogna comportarsi con lui.

Non gli è stata assegnata alcuna cella dalle guardie, al suo internamento, per cui ipotizza che deve fare da sé. Molti passano il proprio tempo all’interno della propria cella, cerca la prima libera, non gli importa in che punto. Fa caso però a quelle che gli sembrano occupate, dove le lenzuola sono scombinate e hanno poster alle pareti o altri oggetti. Quando ne trova una perfettamente in ordine, senza alcun elemento che lascia pensare l’occupazione di quella cella, se ne impossessa.

Ecco. Qui andrà bene.

Si piazza dritto dritto sul letto. Nessuno deve osare disturbarlo. Si inarca, appoggiato sulle mani, in modo pensante. Riflette sui giorni che dovrà scontare lì dentro. “Tempo indeterminato” è la sua condanna. A nessuno è ancora ben chiaro il funzionamento di quella prigione, specialmente all’esterno. Nessuno sa com’è la vita lì dentro. Non sono concesse visite. Pensieri di odio scorrono nella mente di Akumadon.

Quella stronza di mia madre. Lurida bastarda. E tu… Mariyumo. Figlio di puttana, da te non me lo sarei mai aspettato. Un giorno ve la farò pagare a entrambi.

«Ehi! C’è un ratto nella mia cella. Non avevamo disinfestato poco fa?» La voce proviene da un detenuto, accompagnato da tre compagni.

Akumadon lo squadra dalla testa ai piedi. Ha all’incirca sedici anni, capelli accuratamente pettinati a sinistra, con la riga sulla destra. La sua faccia è alquanto imperturbabile, non una faccia irritabile all’apparenza, né da sufficienza o da sbeffeggiatore. Il tipo pare piuttosto decifrabile sin dall’inizio. I compari che lo seguono hanno invece tutt’altro aspetto, l’esatto contrario suo.

«Beh! Chi sei, stronzetto?» interroga uno.

«Non mi sembra di averlo mai visto. È nuovo?» risponde l’altro.

«Ma sì. Doveva arrivare uno nuovo oggi, giusto? Si è adagiato presto, eh? Crede di essere in Alice nel paese delle meraviglie» accusa il terzo.

A quel punto, Akumadon si alza, e subito esibisce lo sguardo truce. «Vedete di girare alla larga da me, pidocchi.»

Bastano queste poche parole a far imbestialire i tre. Partono subito con l’inveire, ma la figura centrale, quella che da subito si conferma come una sorta di loro capo, sebbene sia evidentemente più piccolo di statura e giovane di loro, li ferma con un solo cenno della mano.

Costui parla calmo, a dispetto della sua frase d’apertura. «Hai scompigliato il mio letto. L’avevo perfettamente sistemato stamattina, quando mi sono alzato.»

«Oh! Scusa, signor perfettino. Ma chiudi quel becco. Davvero vuoi lasciarmi credere che qui a qualcuno importa di tenere ordinato un letto del cazzo? L’ho visto immacolato, non c’è niente in questa stanza che lascia presumere sia occupata, e ora sbuchi dal nulla, appositamente dopo che vi sono entrato io, il nuovo arrivato, a dire di esserne il proprietario? Puoi anche andare a farti fottere. Mettetevi bene in testa, sin da subito, che io non sono un deficiente qualsiasi a cui dare noie. Andate a giocare con i frocetti più giovani, divertitevi con loro, con quelli che non valgono un cazzo. Io sono d’altra pasta. Non mi piegherete.»

Il silenzio regna per alcuni secondi. I tre sono totalmente increduli a quel discorso, mentre il loro capo rimane fedele alla propria calma.

Questo risponde dunque «Questa è davvero la mia cella. Non ho alcun possedimento da ostentare per abbellirla o far noto che è mia, ma tutti sanno che è mia. Mi piace tenerla pulita ed in ordine. Ma vuoi conoscere la verità? Ti stavamo davvero cercando, Kuraiman Akumadon».

Come fa a conoscere il mio nome? Cosa, mettono gli annunci riguardanti i nuovi arrivi?

I tre sgherri si fanno avanti sorridenti, superando il capo. “Adesso ci divertiamo” dicono.

«Sai, è una cosa che facciamo con tutti i novizi, ma con te sarà particolarmente divertente» specifica uno.

Tutti insieme si scagliano contro la vittima solitaria. Gli occhi rossi di Akumadon sono infiammati. È praticamente un tre contro uno, in una stanza che neanche riesce a contenerli tutti. Al primo pugno sferrato da uno degli avversari, il giovane schiva sotto il naso di tutti, con particolare stupore dell’attaccante. In posizione da mischia, a sua volta risponde con un dritto nello stomaco, che fa vacillare l’opponente.

«Brutto stronzo!» apostrofa il secondo del trio. Serra l’unione con il compagno per mettere al muro il singolo.

Ma Akumadon li sorpassa, arrivando fino alle spalle di quello che ha già colpito. Lo calcia dritto nella schiena, un colpo così potente da scaraventarlo contro gli altri due. Non aspetta poi un’ulteriore mossa, passa direttamente all’offensiva. Approfitta del momentaneo disorientamento per sferrare un pugno in piena bocca ad uno dei due, liberandosene con una ginocchiata nel ventre, per poi sbatterlo a terra. Il rimanente prova a contrattaccare, ma viene fulminato da quattro affondi in pieno stomaco, per infine perdere due denti con un uppercut al mento. A sorpresa, il primo degli avversari prova ad attaccare alle spalle, ma viene sorpreso da un calcio dritto nei testicoli. Barcolla fino a rigettare saliva.

Sotto gli occhi, affatto attoniti, del loro capo, Akumadon è riuscito a stendere tre scagnozzi, più grandi di lui, all’interno di una piccola cella.

Deve averne fatte di risse, questo qui. Non è il solito marmocchio inutile. Pensa lui.

Akumadon si erge in mezzo ad una trinità di sconfitti. «Allora, vuoi provarci tu, ora? O hai capito che non mi si devono rompere i coglioni?»

Ma l’antagonista rimane impassibile. Dentro di sé ha attribuito del valore al ragazzo, ma nulla da rendergli noto. «Ho capito che sei un tipetto da tenere d’occhio. Ma per ora non puoi sfuggire al tuo benvenuto. Un benvenuto che riceve chiunque mette piede qui dentro.»

Senza nulla dover accennare, altri sei o sette sgherri appaiono alle sue spalle, se non pure di più, nascosti dietro le pareti laterali dell’entrata alla cella. A questa visione anche Akumadon esita, forse un po’ spaventato.

«Sembri cavartela con le scazzottate. Un vero teppista di strada. Ma qui certe cose contano poco, di fronte al potere.»

In sei entrano nella cella, neanche riescono a starci, ma al cospetto di un tale numero, la forza e l’agilità di Akumadon annichiliscono. Uno dei tre stesi poco prima si rialza, mostra la ferita riportata e inveisce contro il ragazzino accerchiato.

Nelle retrovie, il capo della banda conclude momentaneamente. «Non avrai sconti per il valore che hai dimostrato, seppur un valore senza onori. Ma ti garantisco che non riceverai nemmeno ulteriori pene. Subirai solo ciò che ti spetta, come tutti gli altri prima di te.»

Akumadon viene trascinato con la forza, sotto gli occhi di molti altri detenuti, che nulla fanno, ovviamente, per lui, fino in un sotterraneo. Un posto umido, buio, dove i ratti la fanno da padrone. Per tutto il tragitto cerca di liberarsi dalla stretta degli energumeni che lo trattengono, alcuni hanno almeno diciotto anni. Riscontra l’omertà, di ciò che gli sta per accadere, negli occhi di chi incrocia lungo il tragitto. Non conta certo sul loro aiuto, lui stesso non lo concederebbe, facendosi gli affari suoi.

Giunti all’esterno di una porta viene spogliato completamente. Prima gli sfilano le scarpe ed i calzini, poi la divisa carceraria, infine la maglietta intima ed i boxer. A nulla serve il suo ribellarsi, sono in troppi a costringerlo. Completamente nudo, vede i suoi abiti gettati a ridosso della parete opposta alla porta, mentre quest’ultima viene aperta.

Gli legano le mani dietro la schiena con dei lacci e lo scaraventano nell’ignota oscurità di quella stanza. Sbatte dritto al suolo e subito si ritrova la faccia immersa nel liquame. «Ma che…» Un fetore nauseabondo gli brucia le narici. «Cos’è questo schifo?!»

La stanza è piccola, angusta e tetra. Da una spaccatura nel muro, dietro la parete, fuoriesce un condotto rotto che scarica le acque nere della rete fognaria della prigione, si riversano a mo’ di canale lungo il pavimento della stanza, fino a defluire in una grata.

Scioccato dalla situazione, Akumadon si volta per chiedere spiegazioni. Non appena mostra la faccia ai suoi aguzzini, uno di questi gli scaglia in pieno volto un ammasso di feci umane. Il colpo annerisce il viso ed i capelli frontali del ragazzo, un po’ gliene entra anche in bocca. Subito dà di stomaco, sputando a più non posso. Gli altri se la spassano a suoi danni.

Al ché, il loro capo si fa avanti. «Ritieniti fortunato. Il prossimo appello è fra quattro giorni. Ciò significa che rimarrai qui fino ad allora. c’è chi vi è rimasto una settimana.»

«Ma che significa tutto questo? Brutti stronzi, figli di puttana!!!»

«Questo è il trattamento che devono subire i nuovi arrivati. È questo il metodo con cui, sin da subito, capiscono come gira qui dentro. E tu ne hai particolarmente bisogno.»

«Ti vuoi spiegare una buona volta?»

«In questa prigione, siamo noi detenuti a comandare. Le guardie non ci calcolano minimamente. Il loro unico compito è impedirci di fuggire all’esterno. Quel che accade all’interno non è affar loro. A meno che non avvengano tragedie irreparabili, veniamo lasciati a noi stessi.» Akumadon aveva già intuito qualcosa, ma sentirlo dire così schiettamente lo lascia comunque leggermente smarrito. «Qui, i più forti possono fare dei deboli quello che gli pare, come rinchiuderli per giorni in un cesso come questa stanza.»

«Ma è assurdo!»

«Rassegnati, biondino. Hai le palle, ma non sei nessuno. Ti conviene stare attento a te, durante la tua vita qui dentro, o le palle te le staccano a calci.»

Akumadon si rialza, fa uno scatto per raggiungere quel capetto. Lo allontanano a calci, prendendolo in giro su come puzzasse di merda, e gli sputano addosso.

«Rimarrai qui dentro per quattro giorni. Ma non ti devi preoccupare, avrai la tua razione di cibo e acqua. Non possiamo lasciarti morire.» Alcuni iniziano ad avviarsi sulla strada del ritorno. «Approfitta di questo tempo di solitudine per contemplare sul tuo posto, qui, nella prigione. E capisci che chi ti è superiore ti domina.»

Prima che anche lui potesse andare via, Akumadon, con occhi carichi di furia, lo richiama. «Ehi!» I due si scambiano occhiate, uno con calma superiorità e l’altro con ira. «Come ti chiami tu?»

Il capo della banda non ha problemi a rivelare il suo nome. «Gohdo Haachiima. E non dimenticarlo.»

Non lo dimenticherò. Mai!

«Buon soggiorno, merdoso! Uah ha ha!» lo deride colui il quale ha perso due denti nello scontro di prima.

La porta viene chiusa, sigillando Akumadon all’interno.

Hard Law

Hard Law

Stato: In pausa Tipo: Autore: Rilascio: 2022
In un Giappone sempre più tempestato dalla criminalità giovanile, è stata eretta una prigione in cui i detenuti vengono abbandonati all'anarchia. Qui, essi devono autogestirsi, scontando la pena stabilita. Le lotte di potere sono le protagoniste assolute.
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