Ho bisogno di aiuto

Ho bisogno di aiuto

Capitolo quattro

Non capisco, cosa ha da guardare? È davvero mio amico, quello?

«Francesco? Vuoi che chiudiamo le finestre?»

«No. Grazie, prof.»

Come può avere freddo con tutto quello che ha addosso, perché non si toglie il giubbino?

Io lo leverei, poi lui suda un sacco, è da quando era un bambino che sembra una fontana.

Aspetta… ma perché so che suda tanto?

Lo guardo, mi sta fissando la tasca? Cos’ho di strano? Magari c’è un buco e non me ne sono accorto.

Abbasso il capo anche io, la mia tasca sta brillando?

Rialzo la testa, appena un attimo prima che gli occhi di Francesco puntino i miei. Sento che ha qualcosa da dire, ne sono sicuro.

Ci guardiamo solo per un istante, le mie dita iniziano a fremere, punzecchiano le mie gambe.

Odio chi mi fissa, è come se mi stessero giudicando, e anche se ormai non me ne frega più nulla, nella mia testa si creano mille paranoie.

Francesco distoglie lo sguardo, ha perso, china l’intero capo sul banco, ha paura del mio sguardo?

Procediamo con ordine, cosa è appena successo? La mia tasca ha brillato, perché? Dalla punta del ginocchio la mia mano risale la gamba, le dita surfano sui miei jeans, arrivo alla tasca, deglutisco.

Perché sono ansioso? La mano è pronta a fare irruzione e a scoprire la fonte del bagliore.

Indice e medio vanno in avanscoperta, pronti a seguirli ci sono anulare e mignolo.

Il pollice, invece, è l’ultimo avventuriero a entrare, lui ha il compito di guidare la ritirata in caso di pericolo.

Sussulto. C’è qualcosa? Perché non la sentivo? L’unghia dell’indice sfrega contro di essa.

Il mio braccio vibra per intero, sospiro lentamente. Socchiudo gli occhi, mi guardo intorno. Tutti i miei compagni di classe stanno seguendo la lezione. Allargo le dita e do un’ultima spinta alla mano.

Afferro l’oggetto.

E così mi hai nella tua mano, di nuovo. È interessante vedere come stai cercando di difenderti.

Hai un cervello molto forte, davvero intelligente. Ma sai che non è lui a controllare la tua vita, vero?

Lui è un mero burattinaio, un cretino che dà ordini ai muscoli.

Quello che conta, quello che serve nella vita di una persona è il cuore. Lui è il solo a dare la carica a qualcosa più forte del cervello. L’animo.

Quando l’animo è felice, anche le cose impossibili diventano fattibili. È veramente buffo come una cosa che non si può nemmeno toccare o vedere sia così importante nella vita delle persone.

Non credi?

Il tuo cuore è debole.

Lo sento.

Non puoi tenermi testa.

«Marco!» Apro gli occhi, alzo la testa, la professoressa mi ha richiamato. «Stai bene?» Respiro in maniera affannata, la mia pelle avverte una sensazione strana.

Sono fradicio, bagnato, sudato, come dopo una maratona.

Che schifo.

Mi alzo a fatica dalla sedia, sembra davvero di essere dopo una maratona.

«E-Esco un momento.» Le gambe tremano, sono senza forze. Ma che cazzo mi sta succedendo?

Arranco via, gli occhi dei miei compagni mi osservano, mi giudicano.

Nessuno osa fiatare, semplicemente si limitano a guardare, alla fine basta quello per far star male una persona… mi sento come un animale allo zoo.

Alzo la mano, mi aggrappo alla maniglia ma la abbasso con troppa forza.

La porta si apre e mi trascina a terra con essa. Cado fuori dalla classe.

Mi volto, nessuno sta ridendo? È impossibile, nella mia classe quando accade una cosa del genere ci si lascia andare ad una rumorosa risata, forse avevano capito che non stavo bene.

Mi concedo un sospiro di sollievo.

Ne sei proprio sicuro?

Ascolta bene.

Non illuderti.

Uno strepito infernale mi travolge dalla porta della classe che è spalancata, risate, schiamazzi, battute.

Tutto questo mi investe in pieno.

«Guarda che ritardato.»

«Un coglione nato.»

Le parole iniziano a trafiggermi, cerco di alzarmi, ma non ci riesco.

Mi piego sulle ginocchia, fanno male.

Poso la mano sul pavimento, inarco il busto, ordino alle gambe di darmi la forza.

Cado di nuovo. Perché non ci riesco?

Mi sento male, non riesco a muovermi, sono privato di ogni forza.

Sento di morire.

Sono prosciugato di ogni cosa, è come quella volta.

«Ecco dov’era la tua classe, è da stamattina che provo a cercarti. Scusa, ma cosa stai facendo a terra? Vuoi dare una mano ai bidelli?»

Chi è questo ragazzo? È alto, spalle larghe, ha i capelli, leggermente lunghi, legati in una piccola coda. Hanno il colore della paglia. La sua faccia è coperta da piccole lentiggini arancioni. Ho l’impressione di averlo già visto, ma dove?

Flette la gamba di novata gradi, poggia il tacco destro sulla porta della mia classe e con uno slancio netto la chiude, la sbatte. Il rumore rimbomba per tutto il corridoio.

«Non mi piace il casino che fanno.» Mi sorride, mi fa sentire meglio. «Marco, ti sei ripreso da ieri?»

Provo a ricordarmi del giorno passato, metto la retro.

Mi schianto contro un muro.

«Ieri?»

«Ho capito… facciamo tutto d’accapo, ok?» Mi tende la mano.

«Sono Cristiano, piacere di conoscerti.» Il suo sorriso è così genuino, in confronto, il mio è orribile.

Lo so.

Stringo la sua mano, ha una presa davvero salda. Le sue dita si avvinghiano, mi stritolano. Non emetto un singolo fiato. Mi limito a stringere più forte.

«Piacere, io sono Marco. Ma sembra che tu già lo sappia.»

«Sei tutto sudato, ma che combinate in quella classe? Scontri illegali di MMA? Voglio partecipare.»

Mi strappa un sorriso, riesco ad essere felice per un istante.

Torna alla realtà.

Una fitta mi colpisce il petto, lo sento crepare.

Stringo una mano sul cuore.

Fa male.

Sto cadendo, di nuovo.

«Marco, che ti prende?» Cristiano mi agguanta. «Andiamo al cesso.»

«G-Grazie.»

Lentamente camminiamo per uno dei corridoi della scuola.

Non avevo mai fatto caso ai cartelloni che sono appesi ai muri, mi soffermo su uno in particolare, c’è una foto della Rambla? La prima è andata a Barcellona quest’anno? Ma in che senso?

Io il primo viaggio con la scuola l’ho fatto l’anno scorso e siamo andati in Puglia.

Ad Albero Bello.

Non che sia una brutta meta, però…

«Marco, a cosa stai pensando?» Cristiano mi guarda. È davvero premuroso, è così strano.

Io non mi ricordo di lui ma sembra che non gliene freghi niente.

«Stavo ricorda-.» Mi interrompo.

Sigillo le labbra.

Quel ricordo, perché è stato così limpido nella mia mente?

«Allora non hai perso la memoria. Menomale.» Io avrei perso la memoria?

Arriviamo finalmente in bagno, poggio le mie mani sul lavandino. Ha il colore della buccia di un uovo, è freddo, le mie mani si induriscono.

Guardo lo specchio, dico agli occhi di muoversi alla mia destra, sull’altro riflesso.

«Cristiano, cosa è successo ieri?»

Il ragazzo mi guarda e mi racconta la serata, o almeno il piccolo pezzo fatto insieme.

Monopattini, il poliziotto, lui che mi dà il suo numero, io che piango. Non ricordo nulla. Zero.

Cristiano alza il collo, riesco a vedere perfettamente il suo pomo, proprio al centro della gola, è immenso. Con una mano tocco il mio, niente a che vedere. Non c’è paragone.

«Questo sì che è un problema.» Mi guarda con sufficienza.

«Scusami.» Chino il capo.

«Ma quale scusa, qua dobbiamo capire cosa ti sta succedendo. Hai un’amnesia. Le altre cose le riesci a ricordare?»

«No, ho dei vuoti nella testa. Stamattina ho mandato via una ragazza che mi ha baciato e prima ho riconosciuto appena un mio compagno di classe.» Cristiano si dà una manata sulla fronte.

«Non hai pensato che quella ragazza poteva essere la tua fidanzata?» Resto in silenzio. No. Non ci avevo minimamente pensato. Sono timido. Per me è difficile riuscire a trovare una ragazza. Non poteva essere vero.

«Marco, oggi sei un’altra persona. Davvero, ieri sembravi un duro. Oggi, invece, sembri un coniglio. E non lo dico con cattiveria.»

«Hai ragione, anche io mi sento diverso. Strano. Debole. Distrutto.»

«Meglio se torniamo in classe. Hai il mio numero, chiamami se hai bisogno.»

«Cristiano.»

«Dimmi.»

«Se incontri una ragazza che si chiama Mary… dille che mi dispiace.»

«Perché me lo dici? Non puoi farlo tu?»

«No. Credo che non avrò una seconda chance di vederla. Lo sento.»

Cammino nei corridoi, stavolta mi soffermo sul caos delle classi.

Urla, risate, banchi e sedie che si muovono.

Quanto rumore che fanno, non li sopporto.

Ebbene ora hai la situazione più chiara. O almeno, così sembrerebbe.

Eppure, io ti trovo indebolito. Quel ragazzo, sì, quel Cristiano, è riuscito a smuovere il tuo animo. Ma lo avrà fatto in senso positivo o negativo?

Da solo non puoi battermi.

Credo che tu lo abbia capito.

Afferro la pietra che ho nella tasca, ignoro la sensazione di debolezza che mi attraversa. La porto davanti agli occhi.

«Lo so che da solo non riuscirei mai a batterti. Ho bisogno di aiuto.»

La pietra della disperazione – Le catene del passato

La pietra della disperazione – Le catene del passato

Stato: Completato Tipo: , Autore: Rilascio: 2022
Una pietra, una strada, un ragazzo. Un passato da cui non si può scappare. Quando la vita sembra andare per il meglio cosa potrebbe rovinare tutto? Una presenza strana, una voce insolita, un senso di vuoto. Che sia la coscienza a scatenarsi o qualcosa di più grande? Marco lo scoprirà a sue spese e si renderà conto di come la vita sia una serie di ricordi dai quali non si può sfuggire.
error: Il contenuto è protetto!

Opzioni

non funziona con la modalità scura
Ripristina