1°Caso – I parte

Il Killer dei 2000

Il barman stava servendo dei cocktail da dietro il bancone, mentre osservava i clienti che passavano di fronte a lui, una voce lo chiamò: «Imper! Al tavolino 5 chiedono due Campari!». Era il dipendente che lavorava insieme al barman, incaricato nel servire ai tavolini.

«Ok Max, arrivano tra cinque minu…» Stava per rispondere ma una ragazza entrò nel locale, camminava a passo lento ma audace, sui tacchi lunghi e sottili, facendo sfoggio delle proprie gambe grazie a un vestito elegante e molto corto, aderente sul corpo.

Molti sguardi nel locale seguivano i suoi passi, alcuni maliziosi, altri invidiosi.

Il dipendente scosse la testa, scocciato, sapendo che Imper non gli avrebbe risposto, dato che aveva concentrato tutta la sua attenzione sulla nuova arrivata.

Lei si piegò in avanti, verso il barman, gli sorrise mostrando i denti candidi, si bagnò le labbra con la lingua e chiese un amaro, battendo più volte le ciglia lunghe e nere.

Il barman sorrise di risposta: «La signorina che amaro desidera? Qui ne ho di vari tipi.».

La ragazza rise civettuola: «Oh… non conosco i nomi, ma so che ciò che vorrei è un amaro con un nome strano, eppure deciso, ricordo il suono della pronuncia.»

Imper ci pensò su un po’ e annuì convinto: «Credo proprio di aver capito a quale amaro vi riferite, signorina. – e si girò, dandole le spalle, per prendere una bottiglia e glielo mostrò – È l’amaro Jägermeister. Ho indovinato?»

Lei rise, sfiorando con l’unghia smaltata la bottiglia, che il barman stava ancora tenendo in mano. «Sembra proprio lui, il suono è quello… adesso vorrei saggiarne l’odore e… il gusto.»

Aggiunse all’ultimo, leccandosi nuovamente le labbra.

Il barman tossì un attimo, leggermente sorpreso dall’audacia della ragazza, prese un bicchierino di vetro e versò un po’ di liquore, per poi posarlo di fronte a lei: «Questo lo offre la casa, per una bella signorina come lei, che ha ottimi gusti.»

La ragazza fece per prendere il bicchierino, ma la mano del barman la bloccò: «Ma prima, mi perdoni signorina bella, vorrei vedere la sua carta d’identità, non vorrei che fosse minorenne.»

Allora a quel punto lei aprì la sua borsetta rossa, in tinta abbinata con il vestito, e tirò fuori la sua carta d’identità, mostrandola all’uomo.

«Ah, vedo che lei è nata nel 2002, che male al cuore… leggere anni 2000 mi fa sentire vecchio, ma la ringrazio per la sua pazienza, e buona bevuta, signorina» e tolse la mano dal bicchierino, offrendolo alla ragazza, che lo prese e bevve un sorso, esclamando: «È proprio questo l’amaro che cercavo, lei è davvero bravo ad indovinare!»

Finì di bere e appoggiò elegantemente il bicchierino, restituendolo al proprietario: «Ci tornerò, mi piace questo posto. Buona serata.» Salutò con un sorriso e se ne andò, com’era arrivata, con eleganza e in silenzio.

«Che strana ragazza, venire solo per un bicchierino d’amaro… » mormorò il barman, osservandola andare via, viene ripreso da Max, che gli diede uno scappellotto.

«Non ti dimenticare i due Campari, il tavolino 5 aspetta!».

Imper sbuffò seccato e scosse la testa, riprendendo a lavorare per tutta la sera, finchè non arrivò l’orario di chiusura, che era alle tre di notte. Cominciò, insieme a Max, a sistemare e pulire i tavolini. Finito il servizio di pulizia Max salutò il barman, lasciandolo solo, quest’ultimo doveva ancora chiudere la cassa e mettere al sicuro l’incasso.

«Gli affari stanno procedendo abbastanza bene per il King Yellow, eh… – mormorava fra sè quando qualcuno bussò sulla saracinesca abbassata – Abbiamo chiuso! Se volete bere ancora ritornate domani!» 

«È la polizia, apra!»

Il barman rimase sorpreso dalla risposta, si sarebbe aspettato chiunque, ma non la polizia. Posò qualsiasi cosa avesse nelle mani e andò subito ad alzare la saracinesca, vide una decina di persone, tutte armate e col distintivo ben visibile; in panico alzò immediatamente le mani dopo aver assicurato la saracinesca in modo che non cadesse: «Sono innocente!».

Una donna si fece avanti, era l’unica a non essere in uniforme, e lo guardò accigliata: «Abbassi le mani e mi mostri i suoi documenti. Questo locale appartiene a lei?»

Imbarazzato, il barman obbedì, prese i documenti che teneva sotto la cassa e glieli mostrò, rispondendo alla domanda: «In realtà sono solo il barman, questo locale è di un mio a-amico, che al momento è in viaggio. Credo sia a Balì…? Non lo sento da un po’, v-viaggia sempre, per lavoro penso, ehm, e io resto qua, mi paga, uhm, ogni tanto, e quindi… I-insomma, sono innocente! Chiedo sempre i documenti se sembrano minorenni!»

«Taccia.»

Ordinò bruscamente la signora, facendo zittire immediatamente il barman, era infastidita dal continuo ciarlare del tipo. Lesse i documenti, verificando che fosse tutto nella norma, e alzò lo sguardo sul tipo di fronte a lei: «Il suo nome. E la sua carta d’identità.»

«Oh sì, ce li ho qua. – rovistò nelle tasche tirando fuori un portafoglio, da cui pescò la carta richiesta e la mostrò alla poliziotta – Beh… è Imper Augusti, lo so, è un nome strano, ma m-mia madre è fissata con la storia romana, e quindi…»

«Non mi pare di averle chiesto questo.» Lo interruppe immediatamente, prese la carta e ne confrontò la foto con il barman, confermando che fosse la stessa persona.

«Signor Augusti Imper – in sottofondo ci furono alcune risatine da parte dei poliziotti vicini, ma che furono prontamente zittiti da uno sguardo della donna – sa nulla di questa ragazza?» restituendo al barman la carta d’identità, gli mostrò una foto dal cellulare.

Il barman, incuriosito, si avvicinò per guardare l’immagine ma urlò spaventato, balzando indietro.

«C-c-c-che…?!»

La foto mostrava tanto sangue e un corpo fatto a pezzi.

L’uomo si precipitò verso il lavandino dove cominciò a vomitare, dopo un po’ riuscì a fermarsi, ma gli bastò ripensare all’immagine per ricominciare.

La poliziotta si avvicinò e lo osservò: «Conosceva la ragazza?»

Imper, impallidito, prese un tovagliolo e si pulì la bocca: «R-ragazza? Sta dicendo che… era una ragazza? Ma-»

Quello che non riusciva a capire era come ci si potesse distinguere una ragazza, dato che non si vedeva nulla di chiaro, solo sangue, troppo.

«Ragazza che indossava un vestito color rosso brillante. L’abbiamo trovato accanto al corpo.»

L’uomo sbarrò gli occhi, ripensando alla serata appena passata: «Aspetta, vestito rosso? Era venuta una bella signorina con un vestito del genere… Aveva chiesto un amaro, h-ha bevuto solo quello, e poi se n’è a-andata…»

«Quindi conosceva la ragazza. La prego di seguirci in Questura.» Disse la poliziotta, con un tono che non ammetteva repliche, ma il barman replicò: «Non la conosco! L’ho vista solo per un’oretta o meno!»

La poliziotta non rispose, fece un cenno ai suoi colleghi, dando ordine di portare via il barman. Lo caricarono in auto ed ebbe a malapena il tempo di abbassare la saracinesca.

«Io sono innocente! Ha solo bevuto un amaro! Ho lavorato per tutto il tempo!» Piagnucolò il barman, ma poi si zittì, ricordando un episodio che aveva visto di recente.

«Avete il… come si chiama? Il coso, il permesso, uhm, quella roba là!» chiese mentre agitava le mani, cercando di ricordare la parola.

La donna sospirò e lo guardò: «Sta parlando del mandato?»

Il barman urlò battendo le mani: «Esatto! Proprio quello! Il mandato! Allora? Lo avete?» Chiese con un sorriso trionfante, pensando di aver vinto, ma la poliziotta lo fissò senza sbattere ciglia. 

«Non la sto arrestando. Voglio solo portarla in Questura per interrogarla. Ora stia zitto.»

«Si, capo, non dico più nulla…»

La vettura partì sgommando, le sirene spiegate, nel frattempo Imper si sentiva diviso a metà, tra l’emozione di trovarsi in una macchina della polizia, e la paura di essere condannato a morte, nonostante fosse innocente.

«In Giallo Nero, il commissario Ner scopre subito chi è l’assassino e non cattura mai innocenti…»

Mormorò imbronciato Imper, mentre guardava fuori dal finestrino, non aveva il coraggio di guardare la poliziotta.

«Non è una fiction questa, è la realtà, ora stia zitto, Imper Augusti.» ribattè lei, ma lui non voleva saperne di stare in silenzio: «Mi avete preso nel bel mezzo della notte, quando pensavo di andarmene a dormire, mi accusate senza prove… non so nemmeno come si chiami una bella signora come lei!»

Il silenzio permase la vettura, il poliziotto che stava guidando strabuzzò gli occhi all’ultima frase del barman, preparandosi al peggio.

Infatti: «Come mi avete chiamata?» Sillabò gelida la poliziotta, fulminando con lo sguardo il tipo.

«B-bella signora?» Balbettò Imper, non capendo dove fosse il problema, ogni volta che lo diceva alle clienti riceveva sempre un sacco di mance. 

«Per te sono la dottoressa Caruso.» Sentenziò la poliziotta, senza più degnarlo di uno sguardo.

Rimasero tutti in silenzio fino all’arrivo in questura, dove portarono il barman in una stanza spoglia, con solo un tavolo e due sedie, l’una di fronte all’altra.

«Wow! Sembra di essere in una serie tv! Questa è la sala interrogatori, vero?» Esclamò emozionato Imper, dimentico per un attimo della situazione in cui si trovava, correndo a toccare il tavolo e la sedia: «Questa scricchiola un po’, non avete soldi per comprarne nuove? O è una tecnica di tortura? Ah! C’è anche il vetro specchio! C’è qualcuno dall’altro lato?» Chiese ancora emozionato, provando a bussare sul vetro, ma fu preso per le spalle da due poliziotti e obbligato a sedersi sulla sedia, proprio quella scricchiolante, mentre sull’altra sedia si accomodava la poliziotta, pensierosa per ciò che aveva sentito dire dall’uomo quando erano arrivati nel parcheggio della questura: «Tsk… in un modo o nell’altro ritorno sempre qui…» .

Un agente entrò in stanza portando una tazza, da cui emanava odore di caffè, interrompendo così il filo del pensiero della donna.

«Grazie Smith. Potete andare tutti.» Li congedò la dottoressa Caruso, rimanendo sola con il sospettato.

Imper rimase in silenzio, nervoso, mentre lanciava sguardi di sfuggita alla poliziotta, che invece lo stava apertamente guardando, squadrandolo da capo ai piedi. All’improvviso il cellulare della dottoressa squillò: era una mail da parte della scientifica.

La donna aprì la mail, leggendo il contenuto, per poi aprire le immagini allegate, ne selezionò una in particolare e girò il telefonino in modo da mostrare lo schermo al sospettato: «Sono state trovate delle impronte sulla carta d’identità che vede nell’immagine, appartengono a lei.»

Il barman guardò dapprima la foto e poi la donna: «O-ovvio! Avevo toccato quella carta, per controllare se aveva l’età giusta per bere! Sembrerò malintenzionato a causa del tatuaggio, ma sono sempre stato attento alla legge! Avere tatuaggi non significa per forza essere colpevoli!» Si indicò il piccolo, quasi invisibile tatuaggio che portava sull’avambraccio, se non ci si prestava attenzione, nessuno lo avrebbe notato, dato che non solo era piccolo, ma anche nascosto dalla manica arrotolata della camicia.

«Non ci prenda in giro. Dove ha nascosto l’arma del delitto? Se confessa adesso, potrebbe ottenere attenuanti alla pena.»

«Oddio! A-Arma!?» Urlò spaventato Imper, il massimo che poteva aver toccato di pericoloso era un coltello per tagliare la carne, per essere precisi quella degli animali, non degli umani, per giunta cotta.

«Non gridare. Ricapitoliamo. Cosa sa della ragazza?» chiese con calma la poliziotta, lo sguardo fisso sull’altro, che invece tremava.

«Quello che avevo detto! L’ho vista solo per poco tempo, in locale! Ha preso un amaro e poi tanti saluti! Manco ricordo il suo nome, so solo che è… era nata nel duemila e qualcosa!»

«Franciska Leopal, nata nel duemi…» Stava per dire la poliziotta, ma fu interrotta dal barman, che urlò: «2002! Ora ricordo, le avevo detto che soffrivo sempre a sentire duemila e qualcosa come anno di nascita, perchè mi fa sentire vecchio!»

«Capisco, il suo movente è perchè è nata nel 2002.»

«C-cosa? M-movente? Di cosa sta parlando, signora!?»

«Dottoressa Caruso.»

«Ehm, mi scusi… dottò Caruso, io sono davvero innocente!» Rispose piagnucolando, senza notare lo sguardo d’ira della poliziotta, il fatto di aver abbreviato la parola dottoressa non le era piaciuto.

«Ora basta. Lei è uno spregevole assassino, resterà in prigione e ci marcirà dentro.» Decise la dottoressa, alzandosi, ma il barman la prese per un polso.

«Aspetta! Io sono davvero innocente! Perché cercate a tutti i costi di incastrarmi!?»

La poliziotta estrasse la pistola e gliela puntò addosso: «Lasciami o ti sparo.» Fu prontamente mollata, l’uomo alzò le mani, gli occhi sbarrati e fissi sulla canna della pistola.

Qualcuno bussò ed entrò nella sala, era il poliziotto di prima, quando aveva portato il caffè alla dottoressa. Non era minimamente sorpreso dalla scena, come se fosse qualcosa di abituale, e annunciò che era stata trovata un’altra ragazza nelle medesime condizioni, morta venti minuti prima. 

La poliziotta strinse i denti e guardò il barman, per poi abbassare la pistola: «Bene, sei fortunato, pare tu sia innocente. Ma non ho finito con te, per adesso puoi andare a casa. Ti faccio accompagnare dall’agente Smith.» E fece un cenno al poliziotto che annuì ed accompagnò a casa il barman.

Casi per caso

Casi per caso

Stato: In corso Tipo: Autore: Rilascio: 2023
Un semplice barman rimane invischiato in un caso di omicidio, venendo accusato anche se innocente. Aveva cercato di sfuggire al proprio destino, ma come si sa, nessuno può evitarlo. Casi intriganti e sanguinose bussano alla porta del suo locale "King Yellow", obbligandolo a collaborare con la Squadra Mobili, nonostante gli sforzi di Imper, il barman, di evitarli. Sara Caruso, una poliziotta che cerca a tutti i costi la verità celata dietro alle indagini, non accetta la presenza di Imper, giudicandolo incapace e incompetente. I casi verranno risolti, o resteranno per sempre senza un colpevole?
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