CAPITOLO 2- Lena Kaiser

Lena Kaiser

CAPITOLO 2- Lena Kaiser

L’uccellino meccanico volò tutta la notte sulla silenziosa Durwich e continuò a farlo quando i segnali dell’alba cominciarono ad intravedersi in cielo.

 Il sole stava lentamente acquistando la luce abbagliante e attraverso i raggi cominciava a donare un colorito più chiaro al cielo. Durwich era piena di fabbriche che già dalle prime luci del mattino si riempivano di operai, buttavano carbone nelle grandi fornaci, i cuori pulsanti che mettevano in moto i componenti meccanici e ardevano velocemente sotto le fiamme rosse ogni cosa si trovasse nelle loro bocche trasformandole in un denso fumo nero che usciva dai camini.

L’uccellino superò tutte le colonne di quella foschia tossica per gli uomini, niente poteva danneggiare il suo corpo progettato per resistere nei giorni più turbolenti e percorrere lunghe traversate seguendo un percorso preciso.

Il volatile finì per attraversare la città di Durwich e poi continuò spedito oltre la capitale, superando inconsapevole il confine della nazione di Vaminn delineato da un vasto agglomerato di case dai tetti a due falde. Tutto era ancora in fase di espansione, pronte per riempire gli spazi liberi dove si innalzavano le colline o boschi che mutavano colore a seconda della stagione.

Vaminn era una penisola, confinante a nord con un’altra terra e dal resto, circondata dall’oceano vasto e profondo, ormai occupato da navi appartenenti alla nazione stessa.

Ma l’uccellino non doveva attraversare il mare. Volò sopra la costa dove sorgevano alberi d’ulivo e si diresse a nord, entrando in un territorio che non apparteneva a Vaminn.

Il viaggio proseguì in mezzo ad un cielo nuvoloso finché l’uccellino scese nel cuore di una città.

Il volatile meccanico andò a posarsi su una fontanella in marmo in un giardinetto appartenente ad una casa rialzata su quattro scalini e l’ingresso protetto da un portico. Dall’esterno, si notavano chiaramente i segni lasciati dal tempo sulle pareti di legno con schegge e vecchi chiodi inseriti a forza e dalla punta piegata.

La bestiolina meccanica stridette simulando il cinguettio di un uccello. La porta della casa s’aprì all’improvviso e uscì fuori una ragazza scalza indossante un lungo abito grigio e dei guanti.

Il richiamo dell’uccellino aveva attirato la sua attenzione.

Lo prese con entrambe le mani e sul viso apparve un sorriso luminoso che mise in risalto le lentiggini sulle gote e sul dorso del naso piccolo.

 “Finalmente è arrivato!” esclamò contenta, salì i gradini saltellando allegramente rientrando in casa.

Si allungò sul divano, distendendo le gambe e tirò verso l’alto la lettera di Oscar per leggerla meglio.

Essendo sola, lesse il contenuto ad alta voce modificando il tono a seconda di ciò che riportava. Da entusiasta, diventò più deludente.

Alla fine la ragazza buttò il braccio fuori dal divano, rilassò il polso come un morto e la lettera scivolò dalle dita. Rimase in quella posizione per due minuti abbondanti, osservando le lancette dell’orologio a pendolo che scandivano il tempo.

Si rimise in piedi, salì le scale fino al secondo piano e portò l’uccellino in camera sua, chiudendolo in un piccolo scrigno di legno, decorato con bordature dorate. Si accurò serrarlo bene inserendo la chiave in una fessura sopra il coperchio.

La ragazza con le lentiggini sospirò mentre inseriva la lettera dentro una cartella di cuoio.

 “Dovrò aspettare per un po’” disse rassegnata stirando le braccia.

Saltò sul posto per darsi la giusta caricar “Ed io devo tornare al lavoro!” gridò la ragazzina fiondandosi nel bagno, la stanza più piccola della casa.

“Quando Oscar sarà tornato dovrà vedere la mia nuova invenzione. Sono sicura che impazzirà”.

Dietro il nome Sky si nascondeva una ragazza di Aarhus: Lena Kaiser.

Lena trovava ridicolo parlare da sola ma da diversi giorni la casa che condivideva con il patrigno  era sempre vuota e lei, oltre a non avere amicizie oltre le mura casalinghe si riteneva troppo indaffarata per uscire.

“E lui potrà finalmente vedermi dopo tutti questi anni” accennò malinconica.

Notò che i capelli ramati erano cresciuti, le punte toccavano appena le spalle ondulate.

Si sfilò i guanti, prese delle forbici nel cassetto e trovandosi una buona posizione davanti allo specchio prese a togliere via i capelli ingombranti. Ciuffi ramati caddero nel lavandino, Lena aprì subito l’acqua per far risucchiare i residui.

“Si lavora meglio con i capelli corti” concordò con sé stessa, soddisfatta per la nuova acconciatura dove i capelli le arrivavano sino alle orecchie.

La stanza più grande, nonché quella più importante per Lena e il suo patrigno era la biblioteca. Alla ragazza piaceva passare parte della giornata dove non si limitava solo a leggere i libri ma a studiare e costruire nuovi marchingegni.

Negli ultimi tempi si stava impegnando in una nuova invenzione a cui ne aveva già accennato ad Oscar nella lettera. Prese un pacco di fogli, tutti appunti presi nei giorni precedenti e li sistemò sparsi sul pavimento in modo che potesse vederli uno ad uno. Lena scriveva qualsiasi cosa le passasse per la testa, poi univa tutto insieme.

Nel suo primo progetto aveva disegnato uno schermo rettangolare affiancato da un groviglio di cavi che doveva unire all’interno della scatola. S’era chiesa: gli uomini comunicano attraverso la scrittura ed a voce grazie ai telegrammi o una radio.

Perché non possono comunicare guardandosi in faccia?

Tale domanda l’aveva scritta più volte e rappresentava il motore che l’induceva a portare avanti l’invenzione. Si stava rivelando una vera sfida.

Aprì una scatola e tirò fuori la sua invenzione. Adesso era un oggetto rettangolare grande quanto la sua mano e dentro, racchiudeva solo due cavi scuri, doveva capire come metterli insieme.

Concentrata nel lavoro, il suono di un campanello attirò la sua attenzione.

Lena alzò la testa entusiasta e lasciò tutto per correre verso l’ingresso.

Lei e il suo patrigno non avevano mai ospiti.

“Siete tornato finalmente!” esclamò contenta mentre apriva la porta, desiderosa a vedere di nuovo il suo padre adottivo. L’uomo che era riuscito a trasmetterle i saperi della meccanica.

 Ma Lena si trovò davanti due uomini. Uno dalle spalle massicce, l’altro con il volto quadrato. Entrambi con gli occhi scuri, emanavano una aria timorosa e l’abbigliamento, un uniforme nera con una croce bianca sul petto non migliorava le cose.

Lena conosceva quel simbolo. Apparteneva all’esercito di Aarhus.

“Voi chi siete?” domandò la ragazza cercando di nascondersi dietro la porta.

“Lena Kaiser dovete venire con noi” la intimidì l’uomo dalle spalle massicce.

La ragazza impuntò i piedi al pavimento.

 “Non so chi siete e quindi nessuno vi dà il diritto di dirmi cosa fare! E non ho il permesso di far entrare nessuno”.

Lo stesso uomo, impassibile di fronte alle parole di Lena allungò minacciosamente la mano verso la ragazza.

Lena strinse il pugno intorno al pomello circolare e serrò gli occhi. Lei non aveva possibilità di farlo andare via. Non era saggio usare armi contro un soldato ed era troppo forte in confronto a lei. Il primo pensiero fu quello di vedersi presa per i capelli e trascinata via di casa.

“Aspettate!” in quella situazione critica insorse una voce molto famigliare. I battiti del cuore rallentarono. Lena sospirò, ancora scossa per lo spavento. In mezzo ai due uomini si fece avanti un signore vestito. Al contrario di Lena era perfettamente a suo agio e tranquillo.

“Tranquilla mia cara. Signori potete aspettarci fuori per favore? È naturale che sia confusa, non ho avuto modo di avvisarla in mia assenza. Lasciate che le parli”.

I due uomini accennarono con la testa. “Ha poco tempo” l’avvisò l’uomo dal volto quadrato e richiuse con forza la porta facendo tremare le pareti.

L’uomo, rimasto solo con Lena la prese per le mani e la condusse in biblioteca. La portava sempre lì quando dovevano parlare di argomenti importanti.

“Oh ti sei messa a lavorare? Mi fa molto piacere ma ormai non c’è tempo. Forza, aiutami a rimettere a posto” disse l’uomo di nome Hans Kaiser, padre adottivo di Lena e inventore molto apprezzato per aver svolto aiuti preziosi alla società.

“Signore, cosa significa tutto questo? Perché quei due uomini sono davanti casa nostra? Cosa volevano da me?”. Lena non si rivolgeva mai a Hans chiamandolo padre. Per lei, era prima di tutto un maestro.

Hans prese dalle mani Lena e la fece accomodare sul divano della biblioteca.  

“Ascoltami bene Lena. Sono andato al ricevimento e devo dire che mi sono trovato bene. Ho rivisto vecchie conoscenze e future promesse. Al terzo giorno sono arrivati degli uomini volevano incontrami di persona per farmi una proposta sensazionale. Le mie invenzioni in passato hanno contribuito molto ad aiutare il paese e mi è stato proposto di collaborare con la Fliegertruppen! Ho accettato immediatamente!”.

Lena approfittò la pausa per parlare.  “Vuoi dire, la componente bellica?”.

 “Esatto mia cara. Il nostro compito è fornirgli il nostro sapere e creare nuove tecnologie”

“Il nostro?” precisò poco convinta.

“Ovvio” annuì “Tu verrai con me. Sei diventata grande ed è ora che cominci a far carriera”.

Il Signor Hans ne parlava entusiasta, per lui era tutto normale. Al contrario, Lena continuava a non capire.

“Che cosa dovrei fare io?” si alzò da divano ed i dubbi assalirono la sua mente.

 “Signore, se l’hanno chiamata vuol dire che in ballo c’è qualcosa di veramente grande. Perché non si è informato prima? Io…ho paura di partire e fabbricare armi che potranno essere un pericolo per tutti noi. Io voglio restare qui e costruire invenzioni per metterle al servizio di tutti e far del bene””.

L’uomo, rimasto ad ascoltare la sua allieva, la guardò comprensivo e si alzò verso di lei.

 “Lena, ricordi il tuo giuramento?” domandò con tanta calma.

La ragazza dovette guardarlo negli occhi.  “Un inventore mette sempre a disposizione il suo sapere per l’intera nazione” fu costretta ad alzare la voce e mostrarsi convinta. Come la prima volta, quando le fece mettere una mano sul petto e lei lo disse due volte.

“E un inventore non si rimangia mai la propria parola” aggiunse una frase non appartenente al giuramento originale.

“Mia cara, dal giorno che ti ho trovata per strada hai scelto di seguire il mio stesso lavoro e hai pronunciato un giuramento davanti a me. Se lo fai disonorerai la tua stessa patria e ti vedranno come una traditrice. Inoltre stando sotto la godremmo di tanta protezione e credimi, in un mondo matto hai sempre bisogno di un posto dove rifugiarti”.

Dopo un minuto di silenzio le gote puntellate di Lena si innalzarono in un sorriso.

“Va bene signore. Vado a fare i bagagli”.

“Splendido!” applaudì Hans “Oh non è necessario. Prendi solo ciò che ritieni fondamentale, ci penserà la Fliegertruppen a fornirti abiti nuovi. Inoltre, è meglio tagliare i contatti con il tuo amico. Se qualcuno lo venisse a sapere saresti in grossi guai”.

Hans conosceva il legame tra Oscar e Lena e in diversi anni aveva approvato la loro relazione epistolare.

“Mi hai sentito Lena?” disse dispiaciuto perché sapeva quanto Lena ci tenesse.

“In realtà ho smesso di scrivergli da un po’. O meglio, lui ha cominciato. Evidentemente non ha più interesse” mentì la ragazza.

Lena raccolse velocemente gli appunti insieme alla scatola e corse in camera. Pese una valigia rettangolare da sotto il letto, l’aprì e vi mise tutti i fogli. Sistemò anche lo scrigno dove riposava l’uccellino meccanico. Una volta nascosta la valigia sotto il letto, si guardò intorno, realizzando di non aver nulla di così importante da portare con sé.

Sostituì il vestito grigio con dei pantaloni color terra e una camicia bianca. Per le scarpe scelse degli stivaletti.

Tornò di sotto saltellando sugli scalini. Hans l’aspettava davanti la porta e si soprese nel vederla senza nulla in mano.

“All’inizio pensavo di portare gli appunti per la mia nuova invenzione ma credo che non troverò tempo libero”.

Hans soddisfatto l’accompagnò fuori. L’uomo dalle spalle massicce era seduto dentro un marchingegno dotato di quattro ruote che si alimentava a gas, molto più veloce e potente di una normale carrozza.

Hans e Lena furono fatti sedere dietro, sotto la supervisione dell’altro uomo e la ragazza provò un certo imbarazzo nel sentirsi osservata.

Dietro, la macchina lanciò tre sbuffate di fumo grigio, tremò sotto i piedi dei passeggeri e finalmente partì quando l’uomo tirò in basso una leva.

Le ruote scivolarono velocemente su una strada piastrellata e si allontanò dalla casa. Ai lati della strada, Lena guardò una fila di case in legno dalla facciata quadrata, tutte di uguali grandezze come se si cercasse armonia nella visione. La ragazza alzò gli occhi al cielo e vide un pallone volante grande quanto una nave spostarsi in volo con un’elica gigante che lo faceva spostare. Sul lato c’era la croce bianca che occupava gran parte della facciata.

Lena sospirò chiudendosi nel suo silenzio.

Qualcosa stava cambiando.

Lo sentiva nell’aria.

Frammenti di un aviatore

Frammenti di un aviatore

Stato: In corso Tipo: Autore: Rilascio: 2022
Oscar Wright è figlio di uno degli uomini più importanti all'interno della politica e ha ricevuto il brevetto di aviatore militare con ottimi risultati. Volare è sempre stato uno dei suoi sogni più intimi ma la crisi che sta affrontando della nazione e l'inizio di una guerra lo metteranno davanti al suo passato e presente portandolo a riflettere su quali scelte compiere per un domani sicuro.
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