Mi sento strano

Mi sento strano

Capitolo due

Cosa mi è successo prima?

Sono caduto e poi? La testa, mi fa male la testa.

Non riesco a pensare.

Continuo a camminare, piazza Esedra è davvero affollata oggi, ci sono turisti ovunque, alla fine non sono sorpreso, la città Eterna vuole essere visitata, è un suo bisogno naturale.

Guardo la fontana che sta al centro, le ninfee sono bellissime, sembrano persone vere con la pittura sul corpo, come si diventa artisti di tale bravura?

Guardo le mie mani, sembrano diverse. Ho cercato di allontanarmi con la mente, ma nulla da fare, pensare è la cosa che mi riesce meglio.

Stringo le dita, la pelle sembra essere così screpolata, forse dovrei usare qualche crema di mia madre, o forse dovrei metterle a mollo nell’acqua e sale, una volta lessi qualcosa su una rivi-.

«Attento coglione!» Un monopattino elettrico mi taglia la strada, la ruota inferiore mi tocca la punta del piede, ma questi sono pazzi?

Odio questi pariolini figli di papà, lo si vede lontano un miglio che è uno di loro, ha la camicia aperta fino all’addome, il pantaloncino che gli calza dal culo in giù e una cassa della JBL retta da una tracolla.

Ed ecco che una piccola mandria di monopattini mi sfreccia davanti e segue il loro capobranco, tutti uguali, è assurdo, ma l’avere il proprio stile non va più di moda? È meglio copiare il più figo?

Li osservo volare su quelle tavole elettriche sfiorando appena le persone.

«È assurdo.»

«Puoi dirlo forte e non hai visto quello.» Un ragazzo mi rivolge la parola, mi volto e devo alzare lo sguardo, è alto quanto una porta e ha delle spalle larghissime, i suoi capelli sono raccolti in una piccola coda di cavallo e hanno lo stesso colore spento della paglia.

La faccia è disseminata da lentiggini arancioni, mi ricorda i miei disegni alle medie, tutti puntinati li facevo.

 Con la mano mi indica qualcosa, seguo la linea tracciata dal suo dito con lo sguardo e alla fine c’è un poliziotto, è di fianco ad una colonna, defilato, quasi nascosto.

«Adesso ho capito.» Anche l’uomo in divisa è a cavallo di uno di quei monopattini, i suoi avambracci si posano con pesantezza sul manubrio, se il monopattino potesse chiedere pietà lo farebbe, ne sono sicuro.

Le sue gambe, divaricate in maniera quasi oscena, sono ben piantate sul terreno, mi sa che questa posa la si acuisce solo con anni di esperienza e servizio.

Sembra stia scrutando la piazza, ha una sigaretta accesa in bocca. La cenere ha divorato già metà cartina. È così pigro da non ciccarla nemmeno?

«Se lui è il primo ad usare uno di quei cosi, non può fare cazziate a nessuno. Tantomeno a quei figli di papà. Benvenuto in Italia.» Sorrido, sembra essere un ragazzo simpatico, mi sembra di averlo già visto da qualche parte, ma non ricordo dove.

Gli porgo la mano.

«Sono Marco, piacere di conoscerti.»

«Cristiano, il piacere è mio.» Continuo a sorridere, se ci ripenso fare amicizia era davvero difficile per me. Adesso basta farsi quasi investire da qualcuno e tac, il gioco è fatto.

«Ehi, perché stai piangendo? Ho detto qualcosa di male? Forse tuo padre è un poliziotto? N-Non volevo, giuro.»

«S-Sto piangendo?» Sulle guance avverto la sensazione di bagnato, con le dita mi asciugo velocemente, ma sento uscire nuove lacrime, ho la faccia zuppa… cosa mi sta succedendo.

«Forse è meglio che vada.»

«A-Aspetta, è tutto o-ok!» Esclamo. Non smetto di piangere. Non ci riesco, perché?

«Dammi il tuo numero, tranquillo. Credo che oggi tu abbia qualcosa che ti fa sentire… triste. Può succedere, anche a me succede. Non siamo mica degli Ironman.»

Mi sforzo di sorridere. Prendo il cellulare dalla mia tasca.

Non riesco neanche a parlare, eppure non ho una crisi di pianto da anni, non ricordo nemmeno l’ultima volta.

«Faccio io.» I suoi denti si allineano e mi guardano. Sblocco il telefono e Cristiano segna il suo numero.

«Cristiano fontana, così ti ricorderai di me.» Scoppio a ridere, ma le lacrime, le mie, quelle vere, continuano a trascinarsi verso il mento. «Vai a casa, dopo mandami un messaggio.»

Annuisco e scappo via, corro in un vicolo, non voglio che nessuno mi veda così debole.

Aspetto che non passi nessuno.

Il mio palmo si stampa sulla mia guancia destra, poi, l’altro, sulla sinistra. Mi sto prendendo a schiaffi, non devo piangere. Erano anni che non piangevo così e adesso, ho iniziato a fare la fontana? Di nuovo? Non può, non deve succedere.

Cerco le Naiadi, non posso farlo, gli ruberei il posto.

Sorrido, almeno credo di sorridere. Le mani continuano a picchiettare la mia pelle, prosciugherò i miei occhi a colpi di manate, era una pratica che non mi ha mai deluso.

Le dita si infrangono, una per una, sugli zigomi mentre la guancia è lasciata al palmo, duro e pesante. Tamburano ad un ritmo perfetto.

Quindi adesso ti prendi anche a schiaffi da solo? Non vedi che sei una nullità? Immagino tu abbia fatto una gran bella figura con quel ragazzo. Cristiano. Buffo, no? Non puoi ignorarmi. Le senti? Le tue gambe stanno facendo Giacomo, Giacomo. Te ne rendi conto? Stai ricordando delle cose. Arrenditi e ascoltami fino in fondo, io sono la verità. Non hai scelta. Abbandonati al mio potere.

Spalanco gli occhi. Ma che succede? Ho la bocca aperta, respiro a fatica. Qualcosa preme sul mio petto, lo schiaccia, si diverte ad abusare di lui.

Mi si blocca la gola, l’aria non passa, mi sento soffocare. Piego la testa in avanti e il mio corpo si muove da solo, avanzo verso il muro, la fronte lo colpisce.

I mattoni sono così ruvidi, fanno un male cane, sento la pelle staccarsi.

Mi giro di spalle, sbatto la schiena al muro, guardo le gambe, è come se non ce la fanno a reggermi, lentamente, mi lascio cadere a terra.

Guardo a destra, poi a sinistra, nessuno… sembra che tutti intorno a me siano scomparsi. Tutti. Sono rimasto solo, ancora una volta?

Avverto un calore dalla mia tasca, la pietra, è ancora lì, si sta scaldando.

La afferro con entrambe le mani, è scintillante ma non brucia.

«Cosa cazzo sei?» Dal mio naso una goccia di sangue piove a terra, poi ancora una e un’altra ancora. «Sto sanguinando?»

«Ragazzo, vattene da casa mia!» Mi volto di scatto, il sangue schizza e si schianta su dei cartoni. Un uomo mi guarda. È tozzo e molto puzzolente, indossa un giubbino imbottito, tutto logoro, e una tuta della Nike, anzi, della Nikie, è completamente strappata. Deve essere un barbone.

Tiro su col naso. Il sapore ferroso del sangue e un forte odore di urina mi prendono a pugni. Sto per vomitare, sono molto sensibile agli odori.

Chiudo la mia mano appena sotto i miei occhi, blocco il naso.

«Cosa ci fai ancora qui? Vattene!»

Scappo via. Devo andarmene, devo andare a casa, lì è tutto sicuro, lì starò bene, lì ci sono solo io, lì niente mi farà paura.

La pietra della disperazione – Le catene del passato

La pietra della disperazione – Le catene del passato

Stato: Completato Tipo: , Autore: Rilascio: 2022
Una pietra, una strada, un ragazzo. Un passato da cui non si può scappare. Quando la vita sembra andare per il meglio cosa potrebbe rovinare tutto? Una presenza strana, una voce insolita, un senso di vuoto. Che sia la coscienza a scatenarsi o qualcosa di più grande? Marco lo scoprirà a sue spese e si renderà conto di come la vita sia una serie di ricordi dai quali non si può sfuggire.
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