Sono sola

Sono sola

Capitolo nove

Sento il vento soffiare, con il muro sfondato la corrente in questa casa è fortissima.

Ho smesso di piangere? Non lo so, so solo che sono completamente sola, rannicchiata su me stessa, è così frustrante.

«Saro…» Riesco solo a sibilare il suo nome, nella mia testa vedo sempre la stessa scena a ripetizione. Quell’uomo che lo tortura, la sua bocca dilaniata, le sue ossa spaccate e il cuore del suo-

Al solo pensiero mi viene da sboccare, mi volto e vomito sul pavimento.

L’odore del sangue è verniciato sulla mia pelle, il naso non riesce a sentire altro.

«Saro…» Ho ancora gli occhi chiusi, non voglio aprirli. Ho paura di vedere cosa c’è davanti a me.

Il sole sarà sorto? Che ore saranno? Il cervello fa il possibile, le domande cercano di distrarmi, ma non ci riescono, continuo a vederlo.

Un altro conato di vomito.

«Saro…» Continuo a rivivere quel momento, i suoi occhi che si girano e il bianco che resta lì, fisso.

Come sono arrivata a tutto questo? Dove è iniziato tutto?

Certo. La colpa è solo sua.

Sgrano gli occhi per un momento, afferro il polso destro con la mano sinistra, affondo le unghie nella pelle.

«La colpa è solo tua.» Fisso il marchio della Luna, lo mordo, lo voglio strappare via. Il dolore che sento è irrisorio in confronto a quello che ha provato Saro, affondo i denti nella carne e continuo a mordere.

Mi trasformerò? Non mi interessa, voglio distruggere questo simbolo.

Dopo qualche secondo, il sangue sul mio polso si mescola con un altro liquido, questo è trasparente e un po’ salato. Lo sapevo, io non posso farlo. Io sono debole.

Il mio corpo non bolle, non riesco a muovermi, resto ferma, anche la maledizione non mi vuole, anche lei ha riconosciuto la mia debolezza. Sono inutile.

Alzo la testa, lascio andare il braccio immerso nel sangue, apro gli occhi.

Intorno a me è tutto rovinato.

Il letto è distrutto, il materasso è slabbrato, i piedi di legno sono spezzati e il muro è dipinto di sangue, come anche il pavimento.

Mi sento male.

«Come…»

Cerco di alzarmi, devo alzarmi, non posso restare così. Vero?

Ma con chi sto parlando… chi deve sentirmi, sono sola, lo sono sempre stata alla fine. Ricordo quando papà non rientrava a casa, è così limpido nella mia testa.

Avevo dodici anni, era il mio compleanno e non volevo altri che papà, lo aspettavo, mi aveva detto che sarebbe rincasato presto perché era il mio giorno speciale.

Mi aggrappo al battente della porta, quello è ancora integro anche se scivoloso.

Erano le dieci di sera e papà non tornava, io ero seduta sulla sedia ormai già da due ore e la candelina si era sciolta ma non m’importava. Papà aveva detto che sarebbe arrivato in tempo.

Le gambe mi tremano, non sono ancora in grado di reggermi in piedi, ho la testa che vortica, ho le vertigini.

Passarono altre due ore, papà non tornava, avevo sonno ma dovevo restare in piedi, lui stava arrivando. Presi la macchinetta del caffè, misi l’acqua, ne misi troppa e strabordò quando inserii il filtro.

Che frana che ero, fin da bambina.

Poi presi il caffè, era in una piccola Jara, con il cucchiaino lo riempii, feci una montagnetta, cadde tutto sul tavolo. Poi presi la testa della macchinetta e la avvitai.

Vorrei accasciarmi di nuovo a terra, smettere di respirare, smettere di vivere.

Non la chiusi bene ma la misi sul fuoco lo stesso. La mezzanotte era passata e con lei anche il mio compleanno.

«Hai passato di peggio Sidora, dai.» Digrigno i denti, poso una mano sulla pancia, la stringo forte, mi fa male.

La macchinetta iniziò a fumare, non avevo mai visto come si faceva il caffè, era pronto? Restai a guardarla, era così bella, il suo fischio sembrava quello di un uccellino. Il fumo iniziò a uscire anche dal mezzo, era uno spettacolo.

«Un passo alla volta, sono stata sola tante volte.»

La afferrai per il manico ma mi bruciò e la feci cadere, il caffè imbrattò il piano cottura. L’ansia mi iniziò a divorare. Che cosa avevo fatto? Avevo sporcato tutto.

«Sidora, tu sei forte. Vai a lavarti la faccia.»

Iniziai a piangere, corsi in bagno, tirai lo sgabello da sotto il lavello, aprii l’acqua e iniziai a lavarmi la faccia.

Le lacrime mi hanno scavato il volto, ho gli occhi rossi, sono messa così male?

«Saro…» Di nuovo il suo nome, non riesco proprio a non pensarci. Ma come potrei farlo.

Quella sera papà non venne in tempo, andai a letto e piansi per tutta la notte. Da sola.

«Sidora, rimettiti in sesto. Ti prego.»

 

Il silenzio continua a soffiare sulla mia testa.

«E adesso che faccio?»

Sono in cucina, mi sono cambiata i vestiti, adesso sono sempre rannicchiata su me stessa ma su una poltroncina. Non so cosa fare. Non so nemmeno come contattare l’anziana saggia, sono spaesata.

Fisso le pareti, l’esplosione ha aggravato le crepe, questa casa non durerà ancora molto. Saro dovrà cambiare abitazione, e se venisse a vivere con me?

Non abito con qualcuno da moltissimo, è stato bello passare la notte con lui dopo tutto questo tempo.

Qualche volta andavo a casa delle mie amiche, ma finiva sempre allo stesso modo, loro dormivano tutte insieme e io messa in un angolo, da sola, solo dio sa perché.

I miei capelli sono ancora impregnati di sangue, è davvero ostinato, ma almeno non sto più vomitando.

«Saro, cosa devo fare?»

Ho i suoi vestiti addosso, il suo odore è sopra di me, è come se fosse qui con me, no? Ma i suoi vestiti non possono parlare, non possono consigliarmi cosa fare.

Mi alzo, apro il frigorifero.

«È vuoto.» Mi faccio scappare una risata, questo è proprio tipico di Saro, di certo non mi aspettavo un frigorifero pieno zeppo, ma neanche completamente vuoto. «È proprio casa tua.» Lo chiudo e cammino, vado in corridoio, ci sono dei quadri, sono strani. Possibile che li abbia fatti lui?

Mi fermo, ne fisso uno in particolare, ha la cornice dorata, e sul foglio è disegnata un’immensa luna che si spegne in uno specchio d’acqua.

«Wow.» Sono sbalordita, è bellissimo. Mi avvicino, in basso a destra c’è una scritta. «Saro the Wolf.» È il suo nome d’arte? Ha una fantasia fuori dal comune.

Sento gli occhi bagnarsi, non di nuovo, non ancora. Sidora basta.

«Scusami… se-se non so-sono riuscita a-a-a fare nu-nulla.» Ho ripreso a piangere, ancora una volta. «Scusami se sono debole.» Nella mente si accavallano i ricordi di Marta, povera donna, anche lei è morta per colpa mia. Sono un mostro, è-è colpa mia se è successo tutto questo.

Vado in bagno, apro tutti i cassetti.

«Eccole…» Ci sono delle lamette, Saro ha la faccia così liscia, si passerà la lametta ogni giorno. Spoglio il polso con il simbolo della Luna. «Muori.» Comincio a passarle sulla pelle, come se stessi suonando un violino. Il sangue comincia a scorrere a fiotti lungo l’avambraccio e sporca i vestiti di Saro.

Mi guardo allo specchio.

«Ecco perché guarivo così in fretta quando lo facevo. Ero un lupo mannaro.» Ho i capelli sconvolti, vanno in tutte le direzioni, sono oscena, impresentabile.

«Chissà se un giorno potrò morire.» Lascio cadere la lametta sul pavimento, è inutile continuare. Guardo il mio braccio, il sangue si è fermato, e tra poco cominceranno a ricucirsi tutti i tagli.

 

Avevo diciassette anni, ero tornata da una festa, a casa non c’era mio padre, non c’era nessuno. Avevo bevuto tanto, troppo. Vomitai per mezz’ora, la testa era bloccata sulla tazza del cesso. Forse mi avevano messo qualcosa nel bicchiere del cocktail.

Avevo lo stomaco che andava a fuoco, e i ricordi della serata erano confusi, le mie amiche erano andate a casa di un certo Giovanni, un uomo di quarant’anni, e chissà cosa avranno fatto. Probabilmente sesso, erano ubriache fradice.

Quell’uomo mi invitò in tutte le maniere, mi promise soldi, vestiti, amore, sì me lo propose per ultimo.

Rifiutai categoricamente, non ero lucida ma avevo capito come si stava evolvendo la situazione, ricordo mi afferrò la mano, la strinse molto forte, sembrava me la stesse spezzando.

Ma un’altra mano si posò sul suo braccio e lo strinse, la sua presa si frantumò in un secondo, un ragazzo, Manuel, gli disse due singole parole ma non le ricordo. Giovanni se ne andò e con lui le mie amiche che iniziarono a prendermi per il culo.

Io rimasi con Manuel, passammo la serata a bere e a raccontarci le nostre vite.

Esistono davvero ragazzi che pensano con la testa e non con il cazzo, anche lui, se avesse voluto, mi avrebbe potuto portare a letto, ma non lo fece, mi accompagnò a casa e mi salutò.

Vomitai un’altra vola, perché non mi ha voluto? Perché non rimase con me? Forse perché ero ubriaca? No, la verità era che non ero alla sua altezza. Aprii il cassetto sotto al lavello, presi il pacco di lamette nuove. Ne impugnai una, spogliai il polso imbrattato di vomito e iniziai a tagliare.

 

«L’ho sempre fatto.» Guardo il braccio, è come nuovo, il primo giorno di Luna Nuova è già passato? Che ore sono? Rivado nel corridoio, guardo verso la stanza da letto, c’è il sole, saranno le undici. In questa casa non c’è uno straccio di orologio.

Metto le mani in tasca, cammino lentamente, non so cosa pensare.

Ritorno davanti alla stanza della tortura. Faccio un respiro profondo. Entro.

È tutto come poche ore fa, il muro sfondato, il letto distrutto e macchie di sangue secco ovunque.

Vicino al muro c’è la tazza di Saro, la prendo, la annuso, gli poggio le labbra sopra, avrei dovuto farlo quando era qui… la stringo fra le mani e la porto in cucina.

«Meglio lavarla, così quando tornerà sarà pulita.» Sorrido, voglio prendere un po’ di sapone per i piatti, schiaccio la bottiglia, credo sia finito. Ecco che esce l’ultima goccia, bagna il fondo della tazza.

Apro il rubinetto, l’acqua è calda, la riempio per metà. Sul lavello c’è una spugna logora, consumata, ma andrà benissimo.

Comincio a strofinare, la passo per bene dentro tutta la tazza.

Lavavo sempre io i piatti a casa, beh, li sporcavo io, era giusto che lo facessi, no?

Non amavo accumularne e quindi ogni volta che sporcavo qualcosa la pulivo, avevo una bacinella sempre piena d’acqua e sapone, e la scaldavo mettendoci un pentolino di acqua bollente riscaldato sui fornelli. Chissà se era una cosa normale, nessuno mi ha mai insegnato a lavare i piatti.

«Saro, adesso la metto a posto e quando torni la trovi bella, pulita e profumata.» Sento i miei occhi rompersi un’altra volta, ho perso il conto di quante volte ho pianto oggi. «Però così non riesco a fare nulla.» Mi asciugo le lacrime con il manico della felpa che indosso.

«Me lo sono chiesta non so quante volta da stamattina, ma cosa posso fare?» La situazione è quella che è, sono sola in casa di Saro e lui è stato portato via da… come ha detto che si chiamavano? Dark Side? Un nome emblematico, come il lato oscuro della Luna, la faccia che non mostra a nessuno.

 

Sono stati loro a prenderlo, ma per fare cosa?

Mi metto seduta a terra, poggio la schiena al muro.

«Quel Nathan ha detto che volevano fare degli esperimenti su di lui, il licantropo perfetto. Nato da una attenta selezione. Ma sarà vero?» Finalmente altre domane, non ce la facevo più a rivivere i miei ricordi. Basta.

«È vivo, sono sicura, gli esperimenti si fanno su soggetti vivi. Non che migliori le cose questo però.» Poggio la testa fra le mani.

«Il problema principale è che non so come raggiungerlo, non so dove siano questi bastardi.» Fisso il soffitto della cucina, c’è una crepa enorme.

 

«Questo posto è un letamaio, ma Saro non mi aveva promesso che lo avrebbe messo a nuovo durante quell’estate? Ormai sono passati anni.» Sento una voce provenire dal corridoio, è di una ragazza? Una donna? «E questo buco nel muro? Questo è nuovo, ma che cazzo è successo?»

La voce è sempre più vicina, ho paura, che siano altri membri del Dark Side? Mi rinchiudo nelle ginocchia.

«La cucina era da questa parte, vediamo se è qui… e tu chi sei?»

La maledizione della Luna

La maledizione della Luna

Stato: In corso Tipo: Autore: Rilascio: 2022
Sidora è una ragazza di diciannove anni e la sua vita cambierà da un momento all’altro quando sul suo polso comparirà l’immagine della Luna calante. La sua ordinaria vita verrà spazzata via e si troverà a dover affrontare una corsa contro il tempo per scongiurare La Maledizione della Luna. Ma non solo, infatti, dovrà sopravvivere anche ai ripetuti attacchi di un’unità governativa speciale che avrà l’ordine di ucciderla. Riuscirà a capire perché la maledizione ha colpito proprio lei? Ma soprattutto, riuscirà a rimuovere questa sua assurda Maledizione?

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