Capitolo sei
Intorno a me c’è solo lui, mi ascolta, non dice nulla, resta lì, fermo a guardarmi.
Il silenzio.
Lui c’è sempre stato per me e io, invece, molte volte l’ho abbandonato.
Preferivo le parole, il rumore, il caos.
Mi dispiace.
Ma purtroppo anche lui, adesso, è solo una finzione.
Lo vorrei, lo desidererei più di ogni altra cosa ma non può esserci.
Io sono qui, immerso in questo oceano di rumori.
Camminino.
«E muoviti con quella carretta! Devo andare al lavoro, sono già le sei, se non ti muovi, almeno fammi passare. E che cazzo, la patente non la dovrebbero dare a gente come te.» Un colpo di clacson, una serie di clacson.
Che odio.
Che rabbia.
Che frustrazione.
«Toglietevi di mezzo! Tu! Attraversa o ti tiro sotto»
«Ma chi è quel ritardato? È verde! Parti, cazzo!»
Perché fanno così? Non possono aspettare? Urgente nella vita esiste solo per le vite umane, il resto può aspettare, e non credo che queste persone stiano andando a salvare qualcuno…
Hai ricordato.
Stai zitto.
Non volevi farti aiutare? Io ho solo mantenuto la mia parola… hai cambiato idea?
Stai zitto.
In verità ti dico che hai fatto bene, è meglio se soffri da solo. Tutte quelle persone non ti volevano realmente bene. Era solo un’illusione, hai visto quel era la realtà, hai rivissuto il tuo passato, i tuoi ricordi. Non puoi cambiare questa tua vita, sei debole, e lo sai che tutto quello potrebbe ripetersi, fa parte di te.
Sto zitto, ha ragione ma non voglio pensare, ho le gambe stanche, mi avvicino ad una panchina, mi siedo, sento la schiena crollare e appoggiarsi allo schienale.
Ho il cellulare nella tasca, non smette di vibrare.
Chissà chi sarà, Mary, Francesco, Cristiano, oppure quello della ferramenta? Cazzo, oggi dovevo iniziare a lavorare, che figura.
Non voglio vederlo.
Non voglio saperlo.
Mi sento strano, ho un vuoto nel petto. C’era qualcosa in quello spazio fino a poco tempo fa, ne sono sicuro. Se non erro, ci dovrebbe essere il cuore. Ma allora perché non sento niente? Questa sensazione è quasi nostalgica, come se la avessi già vissuta.
Distendo le gambe, sono pesantissime, con la mano prendo dalla tasca dei pantaloni la strana pietra che ho trovato l’altro giorno dal mio. La fisso. È stata lei a farmi questo?
Credevo che durassi di più, sono bastati solo due giorni, forse anche meno… beh, adesso tocca a me fare la mia parte, risponderò alle tue domande.
È sera, i lampioni si accendono, è strano, di solito ce ne sono alcuni fulminati, ma non stasera, sono tutti accesi e illuminano la strada. Quella solita vecchia strada che faccio ogni giorno.
Ci sono gli stessi edifici di sempre, i soliti semafori che vengono ignorati e la solita schiera di macchine che sfreccia sulle strade con le persone che imprecano e sfondano i clacson a forza di pugni.
Io non sono come te, come i tuoi amici, come i tuoi familiari, come gli esseri umani.
Io, in realtà, sono un dio, e metto alla prova le persone.
Mi piace giocare con voi umani e mi servo di questa pietre come quella che stringi nella tua mano. Ma solo poche persone possono vederla.
Solo coloro che hanno dei lividi sepolti sotto la pelle nella propria vita possono farlo.
Delle cose che hanno cancellato, dei ricordi che li hanno fatti cambiare. O almeno, questa è la convinzione che molti hanno.
Come ti chiami?
Sono Betilo, questa pietra è un pezzo della mia dimora, io sono in molti posti, o meglio, la mia coscienza è in molti posti.
Quindi anche altre persone sono nella mia stessa situazione? Sorrido, anche se non dovrei, lo so.
Già, voi siete il mio nutrimento, grazie alle vostre vite riesco a sopravvivere, sono malvagio?
Non lo so.
Osservo le macchine, sono sempre più veloci.
Credo che tu esista per un motivo. In realtà devo dirti grazie, forse senza di te queste mie debolezze sarebbero tornate in vita ferendo altre persone, di nuovo. Anche se non penso che qualcuno soffra realmente per me, ho rivisto nei miei ricordi persone che credevo mi amassero tradirmi.
Sei molto saggio, è un peccato che tu abbia mollato alle prime difficoltà.
Cosa fai? Hai detto che sono il tuo nutrimento e mi dici questo? È un modo dolce per dire che non ho più scampo, vero?
Certo che hai scampo, io non costringo nessuno a fare o non fare. Il mio nutrimento sono i vostri ricordi, i vostri incubi passati e io, semplicemente, apro gli occhi, li riporto a galla.
Poi tocca a voi, essere umani, capire cosa fare. Siete solo voi a poter decidere le scelte della vostra vita, io sono solo un dio che si nutre degli orrori nascosti nei vostri ricordi.
Posso farti una domanda, Betilo?
Certo.
Quell’Abed, lui è qualcuno che ti sta cercando? L’ho capito la prima volta che mi incontrato.
Sei davvero sveglio ragazzo… sì, credo che lui sia uno degli uomini che lavora per un’organizzazione, di cui non ho ancora capito il nome, che ha il compito di debellarmi dal mondo. Per loro sono una piaga. È così?
Come dargli torto, sorrido nuovamente.
Allora, cosa provi adesso? Cosa vuoi fare?
Voglio farla finita?
Aspetta! Cosa intendi? Ragazzo, puoi ancora combattere, puoi ancora rimetterti in sesto. La vita è tua. Puoi scegliere. Lo hai già fatto, no? Stai parlando così normalmente con me, sei tornato te stesso, no?
Mi alzo dalla panchina, scuoto le gambe, quindi è così, è esattamente come anni fa, non è cambiato nulla.
Marco! Ascoltami! Marco!
Alzo il piede, faccio un passo in avanti, eppure pensavo di aver superato tutto, quindi perché non posso rifarlo? Già… rifarlo.
Io sono costretto a fare tutto questo, non voglio che tu muoia, ti prego. Fermati! Sono un dio dannato, marchiato da un castigo divino, ti prego, ascoltami! Hai già superato una volta i tuoi incubi. Puoi rifarlo.
Un altro passo, ancora uno e poi un altro, già… non posso superarli ancora, non ce la faccio. Basta.
Sono stanco.
Marco… perdona questo dio, perdonami, io, Betilo, ti chiedo umilmente scusa.
Ho preso lo slancio, ci sono, vedo le luci offuscate, corro, le saette di metallo sono a un palmo da me.
Non ho ancora capito chi sia maledetto… io o le persone che entrano in contatto con me. Se esiste un dio, ti prego, dimmelo.
La strada accoglie tutti, il mondo accoglie tutti e tutti hanno una decisione da prendere, una scelta da fare. Capire se vivere o meno in un presente come questo. Essere capaci di superare il passato e dare spazio a nuovi se stessi. Chi ha queste risposte? Ci sono queste risposte?
Un impatto.
Un urlo.
Un morto.